“La libraia di Auschwitz” citazioni

La vera storia di Dita Kraus, la giovanissima bibliotecaria di Auschwitz, diventata un simbolo della ribellione, finalmente raccontata da lei stessa

“Pensavo che forse, se avessi messo in pausa la Speranza e non ci avessi più pensato, un giorno le cose sarebbero andate a buon fine.
Da qualche parte nel profondo, continuo a credere che il cerchio si chiuderà e le cose si sistemeranno da sole nella giusta sequenza, che tutto tornerà al proprio posto; io non devo fare altro che attendere.”

“Vivere a stretto contatto con altre famiglie era davvero un grosso problema. Tutti dovevano condividere un’ unica stanza da bagno, una toilette e una cucina, e il risultato erano frequenti scontri fra inquilini spesso incompatibili fra loro.”



“Non sapevano però che non stavo piangendo per la mia bambola: piangevo per la mia infanzia e per la fine della vita che avevo conosciuto.”

“Il mattino seguente, io, mia madre e mio padre fummo spinti su un vagone merci insieme a dozzine di persone, finchè non ci fu più spazio. Chiusero la porta scorrevole. Non c’erano finestre, a parte una minuscola fessura sul tetto. Non c’era modo di sedersi e così restammo in piedi tutti ammassati. Durante il viaggio, impilammo i bagagli uno sull’altro in modo da fare un pò di spazio perchè alcuni potessero sedersi sul pavimento. Per fare i bisogni c’era un secchio, che usavamo difronte a tutti quanti. Ben presto si riempì ma non c’era modo di svuotarlo. E’ semplicemente impossibile descrivere la puzza… la manzanza di aria. E il silenzio. Sbalorditi dall’orrore della nostra nuova realtà, nessuno parlava.”

“Guardandoci intorno, vedemmo delle file di baracche di legno senza finestre, circondate da recinzioni di filo spinato attaccato a pali di cemento, che si piegavano in avanti come steli di fiori giganteschi. A ogni angolo c’era una torre di vedetta con una guardia.”

“Il supporto di un’amica era spesso l’unico modo per sopportare uno stato d’animo negativo, un dolore o una malattia, la nostalgia di casa e il senso di solitudine.”

“Non provavo alcun dolore, nè alcuna pietà. Non provavo nulla. Capivo che quanto vedevo intorno a me era orribile, oltre ogni comprensione umana, ma non provavo alcuna emozione. Camminavo, scavalcavo i cadaveri, mi sedevo insieme a Margit e a mia madre e parlavo, vedevo donne cadere e morire oppure udivo l’ultimo sospiro di una moribonda. Ma non avvertivo nè dolore nè sofferenza, neppure per me stessa. Esistevo solo sul piano biologico, privata di qualunque umanità.”


“Il linguaggio umano non contiene i termini adatti a descrivere Auschwitz. la vastità di quelle orribili esperienze richiederebbe un nuovo vocabolario. La lingua che conosco non ha parole per descivere ciò che provo.”


“Ora non devo più attendere… che la guerra finisca, che ci liberino, che io mi sposi, che nasca mio figlio, che arrivino più soldi, che l’anno scolastico finisca, che giunga la pace…
Non devo più mettere in pausa nulla; ora sono tornata al passo con la mia vita”
Dita Kraus






TRAMA

A soli tredici anni Dita viene deportata ad Auschwitz insieme alla madre e rinchiusa nel settore denominato Campo per famiglie (tenuto in piedi dalle SS per dimostrare al resto del mondo che quello non fosse un campo di sterminio): quello che conteneva il Blocco 31, supervisionato dal famigerato “Angelo della morte”, il dottor Mengele. Qui Dita accetta di prendersi cura di alcuni libri contrabbandati dai prigionieri. Si tratta di un incarico pericoloso, perché gli aguzzini delle SS non esiterebbero a punirla duramente, una volta scoperta. Dita descrive con parole di una straordinaria forza e senza mezzi termini le condizioni dei campi di concentramento, i soprusi, la paura e le prevaricazioni a cui erano sottoposti tutti i giorni gli internati. Racconta di come decise di diventare la custode di pochi preziosissimi libri: uno straordinario simbolo di speranza, nel momento più buio dell’umanità. Bellissime e commoventi, infine, le pagine sulla liberazione dei campi e del suo incontro casuale con Otto B Kraus, divenuto suo marito dopo la guerra. Parte della storia di Dita è stata raccontata in forma romanzata nel bestseller internazionale “La biblioteca più piccola del mondo”, di Antonio Iturbe, ma finalmente possiamo conoscerla per intero, dalla sua vera voce. La vera storia di Dita Kraus, la giovanissima bibliotecaria di Auschwitz, diventata un simbolo della ribellione, finalmente raccontata da lei stessa.

Author: Jenny Citino
Jenny Citino è la responsabile editoriale della rivista on-line "Librichepassione.it" Amante della lettura sin da bambina, alterna questa sua passione con la musica classica, il giardinaggio e la pratica dello Yoga. Ha conseguito i seguenti corsi di formazione: "Lettura e benessere personale come rimedio dell'anima" " Avvicinare i bambini alla lettura con i racconti di Gianni Rodari"