Recensione “Prigioniera di Teheran”


Questa storia di violenza, annientamento e rinascita comincia in Iran, una fredda sera di gennaio del 1982, quando i guardiani della Rivoluzione arrivano a casa di Marina Nemat per arrestarla. In quel momento nella vita di una spensierata sedicenne si apre uno squarcio, un abisso in cui solo vent’anni dopo quella ragazza diventata donna riuscirà a gettare lo sguardo. L’infanzia di Marina è stata simile a quella di tante altre ragazze. I giochi nei parchi di Teheran, le vacanze sulle rive del Caspio, i momenti di preghiera nella chiesa cristiana ortodossa del quartiere, una famiglia poco affettuosa, addolcita dalla presenza della nonna di origine russa. Poi l’adolescenza e i primi turbamenti del cuore, fino al sentimento profondo per Andre, l’amore di una vita. Finché i segnali inquietanti di un cambiamento imminente si addensano minacciosi nel suo ciclo: le prime proteste dei movimenti islamici contro lo scià, amici e conoscenti coinvolti nella Rivoluzione che approda alla grigia realtà quotidiana del regime dell’ayatollah. Senza quasi un perché, Marina da un giorno all’altro si ritrova in una cella di Evin, la famigerata prigione di Teheran. Viene torturata, condannata a morte. Ma davanti al plotone di esecuzione, la sua pena viene commutata in ergastolo e il suo carceriere-salvatore la costringe a convertirsi all’Islam e a sposarlo. Per Marina inizia un lungo viaggio interiore per scendere a patti con la nuova realtà.


” Il mio passato stava per raggiungermi e io non sapevo tenerlo a bada; dovevo affrontarlo, o il mio equilibrio sarebbe andato distrutto per sempre. Non riuscendo a dimenticare, pensai che forse la soluzione era ricordare, e perciò cominciai a scrivere dei mie giorni a Evin, il famigerato carcere politico di Teheran..

“Prigioniera di Teheran” di Marina Nemat è una testimonianza straordinaria di coraggio, resilienza e speranza in mezzo all’orrore della repressione politica e della violenza in Iran. In questo libro toccante , Nemat condivide la sua esperienza personale di prigionia politica durante il regime dell’Ayatollah Khomeini.

Il romanzo racconta la storia di Marina, una giovane studentessa di sedici anni, che viene arrestata dalle autorità iraniane per il suo coinvolgimento in attività politiche antigovernative. Marina viene detenuta nella famigerata prigione di Evin a Teheran, dove subisce torture e violenze fisiche ed emotive. Nonostante le terribili condizioni di prigionia e gli abusi inflitti dai suoi aguzzini, Marina mantiene la sua dignità e la sua forza interiore, trovando conforto nella fede e nella speranza di un futuro migliore.

“Dal momento in cui mi ero tolta la benda, nella notte delle esecuzioni, la mia vita era completamente cambiata. Avevo avuto qualche esperienza sconvolgente prima di quella notte, però l’essenza della mia vita era rimasta intatta. Avevo perso alcune persone care, ed ero stata arrestata e torturata; quella notte però, ero andata oltre.”

Attraverso la voce di Marina, il lettore viene trasportato nel cuore della brutalità del regime iraniano e nell’ingiustizia di un sistema che opprime le voci dissenzienti. Tuttavia, nonostante le avversità, il libro è pervaso da un senso di resilienza e determinazione, poiché Marina lotta per sopravvivere e per trovare uno scopo anche nelle circostanze più disperate.

“Il mondo in cui ero cresciuta, le regole secondo cui avevo vissuto e che avevo creduto scolpite nella pietra stavano crollando. Odiavo la rivoluzione: aveva causato violenze e spargimenti di sangue, ed ero certa che fosse soltanto l’inizio.”

“Prigioniera di Teheran” è molto più di una semplice testimonianza di sofferenza e oppressione; è anche una celebrazione della forza dello spirito umano e della capacità dell’individuo di trovare speranza e dignità anche nelle situazioni più oscure. La scrittura di Nemat è intensa e coinvolgente, trasmette al lettore un senso palpabile di empatia e compassione per la sua esperienza.

Un libro potente e commovente che offre una testimonianza unica e toccante delle atrocità del regime iraniano e dell’indomabile spirito di resistenza di chiunque si trovi a lottare per la libertà e la giustizia.

Evin mi aveva portato via da casa, da quella che ero; mi aveva condotta in un mondo al di là della paura, mostrandomi più dolore di quanto un essere umano potesse mai tollerare.”


Marina Nemat nata a Teheran nel 1965, è adolescente quando scoppia la rivoluzione islamica dell’ayatollah Khomeini. Contraria alle politiche oppressive del nuovo governo, partecipa alle manifestazioni di protesta e scrive su un giornale studentesco articoli contro la rivoluzione. Nel gennaio 1982, a 16 anni, chiede all’insegnante di matematica di non fare propaganda politica: viene arrestata e rinchiusa nella prigione Evin, dove è sottoposta a torture. È condannata a morte. Riesce a sopravvivere grazie all’intervento di uno dei suoi carcerieri, Ali Moosavi: in cambio deve convertirsi all’Islam e sposarlo. Alla morte di Moosavi, qualche anno dopo, Marina sposa Andre Nemat e fugge con lui in Canada. Nel 2007 pubblica il libro Prisoner of Tehran, oggi tradotto in 13 lingue.


Author: Jenny Citino
Jenny Citino è la curatrice del blog letterario "Librichepassione.it" Amante della lettura sin da bambina, alterna questa sua passione con la musica classica, il giardinaggio e la pratica dello Yoga.