“La fabbrica delle tuse” le ragazze del cioccolato di Giacinta Cavagna Di Gualdana

Da oggi 26 settembre 2023

«Non ci sono sacrifici quando si ama». È con queste parole che Olga Torri accetta di diventare la moglie di Luigi Zaini e la madre dei suoi due figli, Piero e Rosetta, che hanno perso la mamma da poco. Luigi è un uomo gentile e discreto con un grande sogno, una fabbrica di cioccolato milanese. Ed è proprio della gentilezza e del profumo di cioccolato che Olga si innamora, così come del sogno di un’azienda come la Zaini, che lei fa suo in un istante.

Tra conche e mescolatrici, macchine per la tostatura e per il raffreddamento e tavoli delle incartatrici, la fabbrica cresce, si espande – così come la famiglia, in cui arrivano Luisa e Vittorio – e sperimenta nuovi e originali prodotti; ma soprattutto diventa un punto di riferimento per i suoi operai, i garzoni e le tante tuse, in milanese le ragazze, fondamentali e instancabili lavoratrici che, con le loro mani fredde, non sciolgono il cioccolato. Sono Ernestina, Ines, Emilia e tante altre giovani che, con i loro sogni e le loro fragilità, accompagnano la vita della fabbrica e le dedicano il proprio destino.

La Zaini è una famiglia e, come una famiglia, quando Luigi muore prematuramente nel 1938, si stringe intorno a Olga, che mostra un coraggio e una forza di cui lei stessa è sorpresa. Gli anni sono drammatici, ma tra i razionamenti e l’autarchia, le leggi razziali e le bombe su Milano, che colpiranno duramente anche la Zaini, questa piccola grande azienda riuscirà a sopravvivere, a conservare gli insegnamenti del suo fondatore e a far sentire ancora per le strade l’intenso profumo del suo cioccolato.

«La vita è come una scatola di cioccolatini.
Non sai mai quello che ti capita.»

FORREST GUMP

Ad Andrea, Amalia e Adelaide,
che il destino ha infilato nella mia scatola
e che ogni giorno danno sapore alla mia vita.

«In principio è il blocco, scheggiato, triturato, temperato; ogni blocco è una ricetta e mai un blocco dell’ispirazione»: qui si racchiude la storia di Zaini.

«Mai un blocco dell’ispirazione.»

«Mai un blocco dell’ispirazione.»

«Mai un blocco dell’ispirazione» ripeto mentre tra le mani rigiro quattrocento grammi di cioccolato fondente, duro, compatto, irresistibile. Tastando la confezione conto quindici quadrati di pura energia. Non resisto e scarto.

Annuso. Il profumo è inebriante. Una scheggia si stacca e in un attimo è sulla lingua. Mentre si scioglie in bocca, le dita scivolano sui tasti del computer.

Inizia il racconto di Emilia, Olga, Ines, Noemi e Clelia, Ernestina e delle tante tuse che a ritmo di boeri e cioccolatini hanno scritto la storia di una delle più antiche fabbriche di cioccolato a Milano, attiva dal 1913.

Basteranno quattrocento grammi di cioccolato Emilia per scongiurare qualsiasi tipo di blocco d’ispirazione? Forse no. Nessun problema: la dispensa è fornita.

Prologo

Milano, marzo 1938

«Vi ho riuniti qui per salutarvi e perché è giunto il momento del rendiconto finale. Sia questo il premio che io destino a voi, come ricompensa per la vostra opera di fedeltà compiuta in questi anni col sacrificio, colla costanza e col lavoro.» Il signor Zaini è in piedi, davanti all’ingresso della fabbrica: il viso è scavato per la grave malattia, il corpo è smagrito, la voce debole: «Voi continuerete a compiere scrupolosamente il vostro dovere come quando io ero qui, anzi ora maggiormente dovrete sentire il bisogno assoluto e necessario di continuare ininterrottamente il vostro fedele e costante lavoro, col pensiero rivolto a me che primo ho dato l’esempio».

Di fronte a lui si sono radunati tutti gli operai della Zaini. Molti di loro vi lavorano da anni, fin dall’apertura, quando lo stabilimento era ancora in via De Cristoforis. C’è Pietro Tosco, capofabbrica, c’è Giovanni Brioschi, c’è il ragioniere Franco; ci sono le operaie. Sono tante e oggi sono più belle che mai: indossano il loro grembiule, bianco e appena stirato, da cui spuntano eleganti scarpe a décolleté con qualche centimetro di tacco; un filo di trucco colora le gote, un paio di orecchini impreziosisce il viso, qualcuna invece ha scelto un filo di perle da mettere intorno al collo. In prima fila ci sono la fedelissima Clelia e la più giovane Ines, responsabile del reparto commerciale. «Ines, se ghè, smettila di fare la mocciosa. Ingoia quelle lacrime. Un po’ di decoro» la rimprovera Clelia. «Guarda la sciura Olga: mica si fa prendere dai singhiozzi.» La signora Zaini è al solito impeccabile: un soprabito scuro con una cinta stretta in vita lascia intravedere una camicetta di seta e una gonna appena sotto il ginocchio; ai piedi ha anche oggi i tacchi alti, che ha sempre saputo portare con tale portamento e naturalezza da lasciare le sue dipendenti di stucco. Il rossetto sulle labbra, l’ombretto sugli occhi e un tocco di fard non bastano però a nascondere la preoccupazione. Olga è perfettamente cosciente della situazione: sa che per Luigi questo è un congedo. Non c’è stato verso di convincerlo a stare a letto e rimandare a una giornata migliore il discorso di commiato e alla fine lei ha acconsentito ad accompagnarlo fuori di casa per salutare i suoi dipendenti. Pochi metri dividono il cortile dal loro appartamento ma stamattina sono sembrati chilometri.

“Sei sempre stato un testardo” pensa Olga mentre con il braccio sostiene il corpo del marito ogni giorno più leggero e instabile.

Luigi osserva i suoi dipendenti: lo sguardo si sposta da un operaio all’altro e a ciascuno sembra dire: “Grazie. Grazie. Grazie per aver partecipato alla mia avventura come se fosse la tua, grazie per aver condiviso ogni traguardo, ogni scommessa con entusiasmo, passione e competenza”.

Il silenzio è surreale ed è rotto, dopo qualche minuto, da un applauso scrosciante e affettuoso. «Viva il signor Zaini!» «Viva!» «Lunga vita alla Zaini!»

Olga sa che il marito sta facendo molta fatica, sia emotivamente che fisicamente: «Andiamo, caro, torniamo su». Luigi, visibilmente commosso, si incammina, mentre gli operai tornano alle loro mansioni. La fabbrica si rimette in moto. L’attività in questo periodo è frenetica: Pasqua è vicina, le ordinazioni di uova sono tante e vanno portate a termine entro la fine del mese, per poter poi provvedere alle consegne.

«Tesoro, sei tranquillo?» chiede Olga al marito, che una volta in casa si è lasciato cadere in poltrona. Gli avvicina un bicchiere d’acqua: «Se vuoi qui sul tavolino c’è il “Corriere”. In casa ci sono i ragazzi». E dopo una pausa: «Insieme a loro c’è comunque Emilia; Noemi invece ti sta preparando un brodo leggero ma nutriente». Infine aggiunge: «Io devo scendere un attimo per risolvere una piccola questione con Ines».

Gli occhi di Luigi si alzano verso Olga, lasciando trapelare un moto di preoccupazione: «Niente di grave,» lo anticipa la moglie «dobbiamo solo confrontarci per le vendite ai grandi magazzini». Il marito sorride e chiude gli occhi, rimandando a più tardi la richiesta della sua pipa, l’unico vizio a cui non vuole ancora rinunciare.

«Emilia, mi scusi, io scendo in azienda. Il signor Luigi sta riposando. Mi raccomando: cercate di fare il minor baccano possibile» dice rivolgendosi a Piero, Rosetta, Luisa e Vittorio, che hanno appena tirato fuori il Meccano. Tutti insieme i loro quattro figli sanno essere rumorosi. «Al massimo li porti in cortile a giocare. Io torno per pranzo.» La tata annuisce: non fa in tempo a rispondere che Olga è già fuori dalla porta.

Sono giornate intense: da quando è stata nominata procuratrice generale è lei formalmente il punto di riferimento dell’azienda per qualsiasi questione: dalle assunzioni ai licenziamenti, dalla gestione dei conti in banca al ritiro dei pacchi in posta, dall’acquisto di materie prime all’organizzazione delle spedizioni, tutto passa attraverso di lei. Così ha voluto Luigi che, non appena diagnosticata la malattia e accettata la sua gravità, ha capito di dover correre ai ripari, con grande senso di responsabilità: «Olga Torri, tu devi avere i titoli per poter sorvegliare e dirigere l’azienda. Guarda cosa succede intorno a noi, non è tempo di comportarsi in maniera leggera. Domani andiamo dal notaio e firmiamo il mandato» aveva sentenziato una sera, senza dare alla moglie alcuna possibilità di replica.

Da allora quando Luigi si sentiva in forze le dava indicazioni, la istruiva, le mostrava conti, bolle e registri. Olga ascoltava, prendeva appunti, memorizzava e, sotto sotto, un po’ si spaventava. Ma era sempre attenta a nascondere sotto un sorriso le sue preoccupazioni e malinconie. E scherzando ripeteva: «Luigi, odio fare i conti e avere a che fare con i soldi,» aggiungendo con ironia: «Mi piace però spenderli: alla sartoria Agnelli, dalla modista Garavaglia, da Mutinelli, dalla bustaia di via Manzoni e così via».

Luigi rispondeva con un abbraccio affettuoso: «E tu sai che non ho mai badato a spese pur di vederti elegante e ben vestita. Continuerai a farlo, ne sono sicuro». E dopo una pausa: «Anzi, tesoro, me lo devi promettere: non smettere mai di mettere i tacchi, anche quando sarai a casa e indosserai le pantofole!». Olga sorrideva, ma i suoi occhi tradivano la tristezza del cuore.

Passano pochi giorni e la situazione precipita.

Luigi se ne va, con la delicatezza che lo ha sempre caratterizzato: «Olga» chiama con voce flebile e stanca. Lei solleva il viso, adagiato sulla spalla del marito, e risponde: «Dimmi, sono qui».

«Mi passi la pipa? Voglio tenerla in mano. Non la fumo, ma la voglio toccare.» Olga gliela passa e Luigi riprende a parlare: «Un’altra cosa, poi non ti disturbo più. Ho un ultimo desiderio: porterai i ragazzi a Firenze, anche senza di me?».

Olga sta per dirgli che non è il momento di fare pensieri così superficiali, ma risponde: «Ci andrò insieme ai nostri figli. Ci divertiremo da matti».

Luigi sorride e dopo pochi attimi il respiro si ferma.

È sabato 26 marzo 1938 quando il fondatore della Zaini muore: «È mancato oggi, lasciando larga messe di rimpianti e un retaggio di affetti tra quanti lo conobbero nella sua instancabile operosità industriale Luigi Zaini d’anni 52» annuncia Olga sulle pagine del «Corriere della Sera».

I funerali sono fissati per il lunedì successivo. Un lungo corteo funebre parte dall’abitazione di via Abba diretto alla chiesa parrocchiale di Dergano: Olga cammina a passi lenti dietro al feretro, da una parte ci sono Piero e Rosetta, dall’altra Luisa e Vittorio che non riescono a trattenere le lacrime osservando la bara del padre. Dietro di loro seguono i familiari, i dipendenti, gli amici e le giovani Stelline, alle quali per tradizione è affidato il compito di accompagnare i cortei funebri fino al momento della tumulazione. Dopo la messa, il feretro viene portato al Cimitero Monumentale.

La giornata è lunga: a sera, affidati i figli alla fidatissima Emilia, Olga si ritira prima di cena. Chiude la porta della camera, si siede sul letto e finalmente si abbandona alla tristezza, e piange. È stata forte e composta, come richiedeva il ruolo, ma ora viene scossa da un pianto irrefrenabile e profondo. «Luigi, dove sei? Già mi manchi.» Si asciuga le lacrime con un fazzoletto: «Ma come farò senza di te? Ho paura. Non voglio vedere più cioccolato in vita mia».

Prende dal comodino il libro che Luigi stava leggendo pochi giorni prima e una lettera cade dalle pagine: «Egregio signor Zaini». Olga riconosce la propria scrittura. È la prima lettera che scrisse al suo futuro marito, quella in cui accettava di diventare sua moglie. «Ecco, signor Zaini, la risposta che le do nella sincerità del mio animo, davanti a Dio.» E poco oltre: «Sento tutta la solennità di questo momento per me decisivo, ma mi incoraggia la piena fiducia che ho nell’appoggio e nell’affetto di Lei che mi sarà guida e conforto». Olga sorride ripensando a quei formalismi. «Possa io procurarle qualche gioia.» E qualche riga sotto: «Non ci sono sacrifici quando si ama!».

Le cade l’occhio sulla data. 28 marzo 1924. È un segno: da allora, sono passati esattamente quattordici anni.

«Non ci sono sacrifici quando si ama!» Lo rilegge e capisce. È tutto già scritto in quella lettera: la Zaini è il suo destino. E lei è pronta a viverlo.

Giacinta Cavagna di Gualdana

Storica dell’Arte, docente presso l’Università degli Studi di Milano, svolge ricerche sulle arti decorative del Novecento. Collabora con il MIDeC di Cerro di Laveno Mombello in veste di curatrice.

Affascinata dalla storia di Milano, organizza visite guidate alla scoperta della città e dei suoi capolavori, attraverso itinerari inconsueti. Dopo anni di studi e ricerche, ha pubblicato diversi libri di successo dedicati alla sua città.

La fabbrica delle tuse è il suo primo romanzo.

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Author: Jenny Citino
Jenny Citino è la curatrice del blog letterario "Librichepassione.it" Amante della lettura sin da bambina, alterna questa sua passione con la musica classica, il giardinaggio e la pratica dello Yoga.