“Gli anni della Seta” di Ulrike Renk edito dalla casa editrice Tre60 disponibile in tutte le librerie e on-line. Estratto.

Trama

Germania, 1926: Ruth Meyer vive una giovinezza spensierata a Krefeld, una cittadina della Renania, insieme ai genitori e alla sorella Ilse. Trascorre molto tempo a casa dei vicini Merländer, commercianti di seta, e, affascinata da stoffe e tessuti colorati, impara a disegnare modelli e a realizzare borse e indumenti. Lì incontra Kurt, il suo primo, grande amore, con il quale condivide sogni e progetti. Ma con l’arrivo dei nazisti, il loro futuro di giovane coppia di ebrei è compromesso. La paura si diffonde nella piccola comunità, la famiglia di Kurt vuole lasciare il Paese, Ruth potrebbe essere costretta ad abbandonare tutto ciò che ama. Finché arriva il giorno in cui il destino della sua famiglia sembra dipendere proprio da lei…
Una toccante saga famigliare ispirata a una storia vera, per ricordare sempre ciò che non deve mai essere dimenticato.

Estratto

LA PROCESSIONE DEI FANTASMI

A Giamba

«Se mai un giorno il mio diario dovesse andare perduto e qualcuno lo trovasse, prego colui, tra le cui mani capiterà, di custodirlo con cura. E se ci fossero passaggi che inducono al sorriso, ricordi il lettore che tutto ciò che leggerà in questo libro è stato scritto dal profondo del mio cuore. Quando non sarò più di questo mondo, i miei nipoti e pronipoti capiranno che sebbene i miei genitori abbiano fatto di tutto per rendere serena la mia giovinezza, non fu così spensierata come invece mi auguro possa essere quella dei miei discendenti.
I tempi sono così difficili che a fatica riesco a trovare le parole per descriverli. Forse quel giorno voi sarete, cosa che mi auguro dal profondo del cuore, in Palestina, la terra della nostra speranza. Forse anche voi sarete impegnati nella grande impresa, cui ogni ebreo sano e forte dovrebbe partecipare.

19 settembre, 1935, l’anno che ogni ebreo non dimenticherà mai.»

Ruth Meyer

(Dal diario di Ruth Meyer, 19 settembre 1935.)

PARTE PRIMA

Tempi felici

1

Ottobre 1926

Ruth premeva il naso contro il vetro gelido della finestra; era venerdì sera, e suo padre sarebbe finalmente tornato a casa. Era stato fuori tutta la settimana per presentare ai clienti la nuova collezione di scarpe.

«Ruth? Dove sei?» La mamma la stava cercando.

«Nell’ingresso, sto aspettando papà.»

«Ci vorrà ancora un po’ prima che arrivi.»

«Ma è venerdì e tra poco sarà buio. Non possiamo accendere le candele senza di lui!»

Martha sorrise e strinse a sé la figlia. «Su, lo sai, per papà non è così importante.»

«Glielo dirai?» chiese Ruth a bassa voce, abbracciando la madre.

«Sì, Ruth, certo. Ma di sicuro non ti rimprovererà, anzi, sarà contento che non sia successo nulla di grave.»

«Ne sei sicura?»

«Sì.» Martha l’accarezzò rassicurandola. In realtà Karl avrebbe reagito diversamente, però questo, sua figlia non doveva saperlo.

«Ma adesso, su, prima che arrivi papà, dovete fare il bagno, e quando avrete finito, accenderemo le candele.»

«Evviva! E poi ci racconti una storia», esclamò Ruth con entusiasmo.

Martha seguì con lo sguardo la figlia che, attraversando di corsa il corridoio, andò in bagno, dove Leni, la bambinaia, aveva già preparato la vasca e la stava aspettando con Ilse, la sorellina più piccola.

Poi, i suoi occhi tornarono a guardare la strada. Si stava facendo buio e in quel momento si accesero i pochi lampioni che fiancheggiavano il marciapiede. Di sicuro Karl sarebbe arrivato dopo il tramonto. Appena finita la Grande Guerra, Karl aveva iniziato a vendere le sue collezioni di calzature in tutta la regione del Basso Reno. Aveva un buon fiuto per la nuova moda. Le scarpe, che in autunno e in primavera acquistava dai produttori, piacevano molto ai suoi clienti, e nel corso degli anni era riuscito a espandere sempre più la sua attività. All’inizio viaggiava in treno, ma nel frattempo si era comprato un’automobile. Per Martha questo era un altro motivo di preoccupazione, perché di Rudi Becker, l’autista che Karl, a causa della forte miopia che gl’impediva di guidare, aveva dovuto assumere, non si fidava molto.Martha sospirò, ormai si era abituata a non dover aspettare il marito. All’inizio del loro matrimonio non era stato facile. Erano sposati da sei anni e da sei anni abitavano in quella casa, nella Driessendorfer Strasse. All’epoca avevano disperatamente cercato un bell’appartamento in affitto, purtroppo senza alcun successo. Per molti proprietari erano troppo giovani, altri non li volevano perché erano ebrei. E ogni volta Martha non riusciva a capire. Che importanza aveva la sua fede religiosa? Erano ebrei, ma seguivano soltanto superficialmente le tradizioni, soprattutto Karl, che dava poco valore a tutto quanto avesse a che fare con la religione. Il sabato, giorno dello Shabbat, lo usava per mettere in ordine la contabilità. Soltanto qualche rara volta accompagnava la moglie e le bambine alla sinagoga. Del resto, era così per molti ebrei di Krefeld, per la maggior parte dei quali i riti ebraici difficilmente si adattavano ancora alla vita moderna che conducevano.

Quando ormai la ricerca di un appartamento sembrava non portare più a nulla, a Karl venne offerta la casa nella Driessendorfer Strasse. Non ci pensò due volte e l’acquistò. Da allora avevano sempre abitato al piano inferiore della villetta trifamigliare. Gli altri due appartamenti li avevano affittati. Sebbene abitassero in centro, la zona non era propriamente quella che Martha avrebbe auspicato per la sua famiglia. La strada era stretta e rumorosa, i giardini, più che altro cortili, di piccole dimensioni… soltanto il giorno prima era successo di nuovo un episodio che aveva rafforzato la sua sensazione di disagio. Nel pomeriggio qualcuno aveva suonato al campanello, e prima che Martha potesse rispondere, Ruth era già alla porta. Si trovò di fronte un mendicante, come accadeva sempre più frequentemente negli ultimi tempi. Ruth era corsa dalla madre per chiederle dei soldi, ma quando tornò alla porta, l’uomo era scomparso. Poiché, però, voleva a tutti i costi dargli qualcosa, lo aveva inseguito e, nella foga di volerlo raggiungere, era finita addosso a una macchina.

Secondo Martha la strada era troppo trafficata per una zona residenziale. Per fortuna, il dottor Hirschfelder, il pediatra di famiglia, poté visitare subito Ruth. Aveva soltanto un bernoccolo e qualche escoriazione sulle gambe, nulla di più. Tuttavia, il trauma era rimasto e contribuì ad aumentare il malessere che Martha provava ad abitare in quel quartiere.

Assorta nei suoi pensieri andò in sala da pranzo. Quel giorno aveva cucinato lei e di lì a poco sarebbe arrivata sua madre per la cena. Martha sospirò pensando a tutte le ore trascorse in cucina: i suoi tentativi culinari erano di solito mediocri. Non che non conoscesse le regole di base, semplicemente, cucinare non era il suo forte. A volte pensava che sarebbe stata persino in grado di far bruciare l’acqua. Purtroppo, non c’era stato nulla da fare, era stata costretta a licenziare la cuoca, perché ancora una volta aveva trovato delle incongruenze nei conti, per non parlare del cibo troppo salato, delle patate bruciate e delle verdure crude.

Era in momenti come quelli, quando doveva prendere delle decisioni, che Karl le mancava più del solito. Ovviamente, quando l’aveva sposato, sapeva benissimo a cosa sarebbe andata incontro. Sapeva che spesso sarebbe stato in viaggio per tutta la settimana e che la famiglia si sarebbe riunita soltanto il venerdì. Tuttavia, a volte sognava una vita diversa, una vita senza continue separazioni: soltanto Karl, le bambine e lei. Karl avrebbe avuto un posto fisso a Krefeld, sarebbe uscito di casa la mattina e sarebbe tornato la sera. Era un sogno, il suo sogno. Karl, invece, sarebbe stato infelice. Amava la sua indipendenza, il lavoro lo assorbiva completamente. Gli piaceva incontrare ogni giorno persone diverse e parlare con loro. E in questo era davvero bravo. No, Karl non avrebbe mai rinunciato al suo lavoro, e in fondo era giusto così.

Si era ormai fatto buio. Sentiva le risate e lo scroscio dell’acqua provenire dal bagno. Quanto sono felice di avere le mie due bambine, pensò Martha, mentre attraversava il corridoio. Per Leni, fare il bagno a entrambe era ormai diventato il rituale del venerdì sera. Una volta finito, indossavano la camicina da notte, la loro vestaglia e si sedevano sul divano in soggiorno.

Il bagno era immerso in una nuvola di vapore che si mescolava agli spruzzi allegri delle figlie.

«Adesso basta», ammonì Leni fingendo un tono severo. «Ora Ilse esce dalla vasca e tu, Ruth, puoi lavarti i capelli. Ma stai attenta a non far entrare il sapone negli occhi.»

«Sì, Leni.»

Ilse allungò le braccia verso la bambinaia e si lasciò avvolgere nell’asciugamano.

«Grazie, Leni, non so cosa farei senza di te…» disse Martha.

«Avrebbe sicuramente un’altra ragazza. Anche se la guerra è finita, c’è ancora tanta gente senza lavoro.»

«È vero», rispose Martha schiarendosi la gola. «Conosci per caso una buona cuoca?»

«È un bel po’ che anch’io ci penso, con Erna era ormai impossibile andare avanti.»

«La signora Klein aveva buone referenze…»

«Chissà come se le era procurate, di sicuro non per le sue abilità culinarie.»

Le due donne si guardarono e scoppiarono a ridere. Poi Martha alzò le braccia con rassegnazione: «No, direi proprio di no».

«Chiederò in giro, sarebbe veramente strano se non si riuscisse a trovare nessuno», promise Leni.

«Perché abbiamo bisogno di una nuova cuoca? Sai cucinare, mamma», protestò Ruth. «Oggi, ad esempio, hai cucinato, e si sente un profumo delizioso.»

«Speriamo che sia anche buono…»

«Mangiare con papà», borbottò Ilse stringendosi alla madre.

«Sì, sarebbe bello. Ma ora dobbiamo asciugarti e metterti qualcosa addosso. Poi andremo nello studio del papà e accenderemo le candele dello Shabbat.»

«Ci racconterai una storia, mamma?» chiese Ruth.

«Certo. Lo faccio sempre.»

«Evviva», gridò Ilse tutta contenta, Martha rise piano e annusò la testolina della figlia. Ilse aveva soltanto due anni ed emanava ancora il tipico profumo delicato dei bambini, un profumo irresistibile.

Mezz’ora dopo Martha era seduta sul divano con le figlie. Leni indossò il cappotto e prese la sua borsetta. «Allora io vado, vi auguro un buon fine settimana.»

«Grazie, Leni. Ci vediamo lunedì.»

Quando la porta si chiuse alle sue spalle, Martha si alzò e andò a prendere i fiammiferi. Pronunciò le parole di benedizione e accese le candele, che si trovavano su due candelabri d’argento sopra il tavolo da pranzo. Lasciò cadere i fiammiferi in un posacenere e aspettò che fossero bruciati, così come voleva la tradizione. Poi tornò a sedersi sul divano, Ilse alla sua destra e Ruth alla sua sinistra.

«Oggi, però, abbiamo tempo soltanto per una storia molto breve. Nonna Emilie sarà qui tra poco e si fermerà a cena da noi. Preferite una storia triste o una divertente?»

«Una triste. Ti prego, una triste, le racconti sempre in un modo così bello», disse Ruth.

«D’accordo…» Martha rifletté un istante, poi iniziò. Il più delle volte partiva da una fiaba classica, ma poi, nel corso della narrazione, la cambiava sino a farla diventare la sua storia. Altre volte sceglieva il tema da un’opera lirica. Le piaceva andare all’opera, da anni aveva un abbonamento, ragione per cui conosceva molto bene quasi tutte le trame. Martha era dispiaciuta di non avere molto tempo a disposizione, perché raccontare storie era la cosa che più le piaceva del suo Shabbat. Come sempre, le due bambine si stringevano a lei, guardavano la luce delle candele e restavano incantate ad ascoltare la voce della madre. Quando succedeva qualcosa di terribile, rabbrividivano, quando, invece, accadeva qualcosa di divertente, ridacchiavano tutte e due. Era un bellissimo, intimo rituale.

Martha aveva appena terminato la storia, quando suonarono alla porta.

«Questa è nonna Emilie», disse Ruth scattando subito in piedi.

«Andate a salutarla, io intanto vado in cucina a prendere i piatti», disse Martha e si alzò veloce. Aveva preparato un arrosto con il sugo, patate, e cavolini di Bruxelles. Raramente cucinavano cibo kosher.

Con orrore, si accorse che le patate erano troppo cotte, e in tutta fretta mise una padella sul fuoco per rosolarle. I cavolini di Bruxelles, invece, erano ancora abbastanza sodi, così dovette soltanto riscaldarli. Sua madre era sempre molto critica, e non soltanto riguardo al cibo. Sebbene dopo la morte del padre – avvenuta tre anni prima – si vedessero più spesso di un tempo, il loro rapporto non era per nulla migliorato. Emilie era una donna d’affari di successo, insieme alla sorella aveva aperto e gestito un negozio di merceria e di biancheria, e aveva continuato a lavorare anche dopo il matrimonio. Per la famiglia non aveva mai avuto molto tempo, Martha e suo fratello Erich erano stati tirati su dalle bambinaie e dai nonni, ad Anrath. Martha aveva spesso sofferto per l’assenza di genitori amorevoli e aveva giurato a se stessa che con Ilse e Ruth sarebbe stata diversa da sua madre. Voleva avere un legame intimo con le figlie, anche se avevano una bambinaia.

In quel momento sua madre entrò in cucina.

«Arrivo subito», disse Martha, asciugandosi il sudore dalla fronte.

«Perché sei ai fornelli?» le chiese Emilie, dandole un veloce bacio sulla guancia. «E perché hai lasciato che Ruth aprisse la porta?»

«Sapevamo che eri tu, mamma.»

«Non si può mai sapere. Avrebbe potuto essere un venditore ambulante, se ne vedono di continuo per le strade. E si sentono cose su di loro, che le tue figlie non dovrebbero mai venire a sapere.»

«È vero!» gridò Ruth, che aveva seguito la nonna in cucina. «Proprio l’altro ieri qualcuno ha suonato al nostro campanello.»

Martha rivolse alla figlia uno sguardo severo, l’ultima cosa che voleva era che sua madre venisse a sapere di quell’incidente.

«Un mendicante, qui?» chiese Emilie.

«Ruth dal dottore», aggiunse Ilse, tutta orgogliosa.

«Sciocchezze», disse Ruth, prendendo per mano la sorella. «Non è per questo che sono dovuta andare dal dottore. Su, andiamo in sala da pranzo.»

«Di cosa stanno parlando le bambine?» chiese Emilie, aggrottando la fronte.

«Te lo racconto più tardi. Prima devo occuparmi della cena, spero almeno di riuscire a salvare le patate.»

«Non mi hai ancora detto dov’è la tua cuoca.»

«L’ho licenziata, e anche di questo ti racconto dopo, ora devo soltanto…»

«Il sole è tramontato da molto… non dovresti nemmeno essere in cucina.»

«Mamma… per favore!»

Dieci minuti più tardi, le patate erano belle croccanti, ma i cavolini di Bruxelles erano troppo morbidi. Se non altro, l’arrosto aveva un bell’aspetto, e il sugo era delizioso. Martha mise le vivande nelle terrine e nei piatti, e portò tutto in sala da pranzo. Sopra il tavolo bruciava la vecchia lampada al cherosene che, insieme alle candele, diffondeva una luce calda e accogliente.

«Bene, allora auguro a tutte noi un benedetto Shabbat», disse Emilie.

Il silenzio a tavola era pesante e opprimente, ma a Martha non veniva in mente nulla di cui avrebbe potuto parlare con la madre. E anche le bambine, che di solito chiacchieravano allegre e liberamente, si sentivano inibite in presenza della nonna…

L’ Autrice

foto presa dal web

 Ulrike Renk  è nata nel 1967 a Detmold,ha studiato Letteratura e Sociologia negli Stati Uniti e in Germania. Oggi vive con il marito in Renania insieme ai figli e ai suoi adorati animali: due cani, tre gatti e due anatre indiane.

Author: Jenny Citino
Jenny Citino è la curatrice del blog letterario "Librichepassione.it" Amante della lettura sin da bambina, alterna questa sua passione con la musica classica, il giardinaggio e la pratica dello Yoga.