Prossimamente: “Una vacanza per Natale” di Jenny Hale

In tutte le librerie e sugli store on-line dal 2 Dicembre 2021

Autrice del bestseller Iniziò tutto a Natale
La magia delle feste riuscirà a sciogliere un cuore di ghiaccio?

Il Natale non è un periodo semplice per Lila Evans. Le ricorda i giorni strazianti in cui ha perso suo padre. Non c’è da meravigliarsi che quest’anno abbia deciso di scappare da Nashville, per concedersi una breve vacanza lontano da casa con le amiche più care. E un rifugio in campagna sembra essere il posto perfetto per tenere a bada i brutti ricordi. Ma il delizioso villaggio di Pinewood Hills, nascosto tra le montagne innevate del Tennessee, le offre un’accoglienza tutt’altro che calorosa: il cottage in cui alloggeranno è una costruzione fatiscente e Theo Perry, lo scontroso proprietario della caffetteria locale, riserva a Lila un benvenuto gelido, che la induce a evitarlo accuratamente. In un paese così piccolo, però, è quasi impossibile non incontrarsi. E Lila comincia a imbattersi in lui – e nei suoi penetranti occhi blu – in continuazione… E alla fine si accorge che persino un uomo insopportabile come Theo è in grado di sorridere. Così Lila prende una decisione: proverà a sciogliere un po’ del gelo da cui Theo pare essere avvolto. Dovesse volerci anche un miracolo di Natale, è determinata a riuscirci. Chissà che quest’anno il destino non abbia in serbo per lei il regalo più prezioso di tutti…
Un’autrice bestseller di «USA Today»
«Semplicemente perfetto. Un libro da leggere al calduccio, sotto le coperte, sorseggiando una cioccolata bollente!»
«Una di quelle storie che ti lasciano il sorriso stampato in faccia per ore, anche dopo aver letto l’ultima pagina.»
«Indimenticabile, dolcissimo, romantico. Avevo bisogno di un romanzo così!»
«Lila è una protagonista che ho adorato: solare e sensibile, ma anche ironica e brillante.»

Prologo

«Scusate il ritardo», disse Lila Evans alle sue tre migliori amiche mentre si lasciava cadere su una sedia al tavolo della loro caffetteria preferita. La borsa e le buste natalizie rosse e verdi piene di regali atterrarono con un tonfo sul pavimento accanto a lei. Si tolse la sciarpa scuotendo la neve, ancora senza fiato per aver corso.

Nell’angolo, su un palchetto decorato con agrifogli, un chitarrista strimpellava canzoni natalizie. La voce roca fuoriusciva dal piccolo amplificatore ai suoi piedi mentre i clienti indaffarati prendevano un caffè prima di proseguire verso le varie mete festive in giro per la città. La musica dal vivo era una prerogativa dei locali nel quartiere Music Row di Nashville.

«Il mio capo ha insistito perché restassimo tutti a fine turno per aiutarlo a tenere il ristorante aperto più a lungo durante il periodo di Natale». Lila spostò dietro l’orecchio le ciocche ribelli, umide per la neve che aveva iniziato a cadere. La chioma color cioccolato era raccolta in una crocchia disordinata, come sempre quando faceva la cameriera. «Non mi ha detto che saremmo rimasti fino a tardi finché non sono arrivata al lavoro stamattina». Sventolò le dita. «Ma ora sono qui», disse con un largo sorriso, «e devo farvi vedere una cosa». Infilò una mano nella borsa, prese l’iPad e lo posò sul tavolo per prepararsi a condividere la sua idea con le ragazze.

«Quand’è che mollerai quel lavoro?», chiese Edie James, che da brava amica aveva notato la spossatezza di Lila per quanto provasse a nasconderla.

Edie sapeva fin troppo bene che Lila poteva sfruttare meglio il suo tempo invece che dover star dietro a quell’incapace del suo capo. Ma la conversazione venne interrotta quando il barista la chiamò.

«Ti ho preso un latte macchiato alla menta piperita con panna montata extra. Quando non ti ho vista arrivare, ho immaginato che ne avessi bisogno», disse a Lila, alzandosi per prendere dal bancone due enormi tazze bianche disposte accanto a una composizione di bacche e pigne.

Edie era la più responsabile del gruppo, le teneva tutte con i piedi per terra. Lavorava per una prestigiosa agenzia pubblicitaria in centro, e la chiamavano per seguire qualche cliente importante fuori orario e nei fine settimana; eppure, ovunque decidessero di vedersi, lei era sempre puntuale, arrivava spaccando il minuto e se ne andava precisamente un’ora dopo. Aveva un cuore grande come il Texas e avrebbe fatto di tutto per loro.

«Grazie», disse Lila mentre Edie le porgeva la tazza fumante. «Non so quando mi licenzierò». Scosse la testa. «La verità è che non ho alternative migliori. Potrei andare a fare la cameriera da qualche altra parte, ma di sicuro avrei scocciature ovunque, e poi le mance sono ottime».

Nel corso dei tre anni da che conosceva il gruppo di donne che in quel momento erano con lei, aveva sempre lavorato nella steakhouse e per tutto quel tempo non c’era stato giorno che non avesse pensato di licenziarsi. Era finita in quel limbo quando aveva accettato il primo lavoro con una paga decente, ed era rimasta lì da allora. Spesso si chiedeva se per caso si fosse persa i segnali che l’universo le aveva mandato su ciò che avrebbe dovuto fare nella vita. Crescendo aveva immaginato di lavorare a tempo pieno con i bambini meno fortunati o di dedicarsi a qualcosa che avrebbe cambiato la vita delle persone, ma non era mai riuscita a trovare il suo posto.

«Ti capisco». Edie appoggiò il caffè per stringersi nel cardigan, avvolgendocisi come se potesse scongiurare il freddo invernale che arrivava dalla porta ogni volta che veniva aperta.

Lila bevve un sorso del suo latte macchiato, il gusto vellutato di noci del cioccolato e la punta di menta piperita le fecero tornare subito lo spirito natalizio. «E tu, Edie? Come procede la grande presentazione?».

A Edie era stato affidato il progetto più importante che l’agenzia avesse mai ottenuto. Se fosse riuscita a portarselo a casa, avrebbe avuto una bella promozione. Non aveva detto chiaramente cosa implicasse tale promozione, ma l’aveva descritta come qualcosa che “cambia la vita”.

«Ci siamo quasi», rispose. «Il cliente sta tenendo in considerazione noi e un’altra agenzia». Poi indicò l’iPad. «Hai detto che avevi qualcosa per noi», disse, sedendosi e avvolgendo le dita intorno alla tazza.

«Forse», replicò Lila, «ma prima voglio sentire come ve la passate».

«Quello schiavista del mio agente ha fatto finalmente qualcosa di buono. Mi ha appena procurato un contratto con una rete televisiva e acconcerò gli attori per alcuni telefilm», disse con un ampio sorriso Charlotte Meade, parrucchiera dei VIP. Poi le sue labbra lucide e carnose si piegarono all’ingiù. «Ma sono un po’ preoccupata per Nikki Mars. Avete presente l’attrice che sta con il cantante dei Misfit Junkies? Ha una chioma ribelle». Con una smorfia, avvicinò le unghie a mandorla perfettamente curate ai cerchi che aveva alle orecchie e se le passò tra i riccioli dorati.

«Andrai alla grande», le disse Edie. Allungò la mano sul tavolo e le diede una pacca sul braccio.

Di colpo, come se le tre donne se ne fossero rese conto contemporaneamente, spostarono lo sguardo su Piper Watson, la più briosa del gruppo, stranamente silenziosa.

Lila sorrise guardando l’amica, sull’orlo di un’esplosione di euforia.

«Vi ho portato una cosa». Piper prese la borsa in patchwork malconcia che in un certo senso poteva considerarsi vintage piuttosto che vecchia, e la mise sul tavolo. Si alzò per frugarci dentro,tirando su le maniche del maglione oversize abbinato a una vecchia maglietta di un gruppo rock che Lila non aveva mai sentito nominare. Le braccia sottilissime si muovevano veloci come lampi per l’entusiasmo.

Lo stile di vita rustico ed eclettico di Piper le teneva tutte all’erta. Saponiera di professione, la si poteva trovare sempre alle fiere locali e ai mercatini delle pulci a vendere i prodotti della sua azienda, la Scented Spirit. Il motto dell’azienda era “Cosmetici per proteggere e rendere perfetto il contenitore della tua anima”. Aveva un carisma unico che la faceva guadagnare molto bene, perché chiunque passava si fermava ad ascoltarla, attirato dal suo fascino irresistibile. Fiutava all’istante un cliente scettico, che conquistato dalla sua gradevole personalità se ne andava con buste cariche dei suoi saponi. Riusciva a essere empatica con chiunque e sapeva un sacco di cose: i suoi interessi spaziavano dalla cultura pop allo stile di vita olistico.

«Uno per te», disse canticchiando e lasciando cadere di fronte a Edie un pacchettino di stoffa a fantasia natalizia legato con un pezzetto di spago. «Uno per te», continuò porgendone uno a Charlotte, «e uno per te». Emise un gridolino allegro e tornò a sedersi al suo posto. «Apriteli!».

Lila sciolse lo spago e lo mise da una parte, e il tessuto si allentò rivelando un vasetto di crema. Lo girò e lo posò al centro del tavolo in modo che tutte vedessero. «Il mio dice Mezzanotte». Lo aprì e sorrise. «Lavanda», esclamò, mentre il suo profumo preferito danzava nell’aria sotto il suo naso. «Che bello, Piper».

«Oh, io ho Rockstar», intervenne Charlotte, sollevando il coperchio e annusando. «Profuma di cocco. Lo adoro». Mise un dito nella crema luccicante e la spalmò sul dorso della mano. «Brilla». Le sopracciglia danzavano su e giù. «Grazie».

«Le ho fatte ieri sera», disse Piper sorridendo, e i suoi lineamenti si illuminarono. «È la mia nuova linea di creme, naturali al cento per cento. Domani ho intenzione di distribuirne qualche campione dopo la lezione di yoga e anche al mercato contadino nel fine settimana. Finora ne ho fatti più o meno duecento».

«Che imprenditrice», le disse Edie mentre sollevava la sua crema. «Sono orgogliosa di te».

Piper si sporse e l’abbracciò.

Quando la lasciò andare, Edie mostrò il suo vasetto al resto del tavolo. «La mia è stata giustamente battezzata Concentrazione».

«Di cosa profuma?», volle sapere Charlotte, che si stava ancora spalmando Rockstar sulle mani e muoveva le dita per mettere in mostra il luccichio.

Edie aprì il coperchio e il profumo le colpì le narici. «Menta». Mandò un bacio a Piper e la ringraziò.

Emisero tutte dei versi soddisfatti che fecero saltellare Piper sulla sedia per la felicità.

Quando si ricomposero, Edie si rivolse a Lila. «Va bene, non ce la faccio più. Sputa il rospo: dove andiamo?».

Lila conosceva Charlotte, Piper e Edie da quando si era trasferita a Nashville tre anni prima, abitavano tutte nello stesso condominio. La madre di Lila era morta tragicamente in un incidente stradale subito dopo la sua nascita, e il padre se n’era andato per un cancro quando lei aveva vent’anni, quindi quelle donne erano la cosa più simile a una famiglia che aveva. Decisa a vivere appieno la sua vita, aveva seguito un ragazzo a Nashville sperando, un giorno, di mettere su famiglia, e quando la relazione non aveva funzionato le sue tre amiche l’avevano convinta a restare in città. Quello stesso anno le quattro donne, tutte single, avevano formato un gruppo per sostenersi l’una con l’altra, ed era proprio quello che avevano fatto.

In quegli ultimi tre anni, durante le vacanze – quando era più dura essere single – a dicembre passavano una settimana insieme, solitamente a dicembre riempiendo le loro giornate di risate, e visitavano altri paesi e città. Natale era il loro periodo dell’anno preferito. Ma per Lila era molto di più. Ogni giorno che passava era un giorno più lontano dall’ultima volta in cui aveva abbracciato suo padre, e se si fosse concessa di pensarci sarebbe crollata. Avrebbe tanto voluto sedersi insieme alla sua famiglia, solo una volta, per godersi un po’ di tempo insieme e sfruttare al massimo ogni istante, ma non poteva. Perciò apprezzava tantissimo i viaggi che faceva con le sue amiche. Dal momento che non si era mai stabilita da nessuna parte, solo così riusciva a sentirsi a casa.

Ma quell’anno stava iniziando a preoccuparsi di quanti altri viaggi sarebbero riuscite a fare insieme. Neanche a farlo apposta, il contratto d’affitto di Lila scadeva appena prima delle vacanze di Natale, e aveva poche settimane per decidere se restare o meno. E, dal momento che anche le amiche stavano andando avanti con le loro vite, era solo questione di tempo prima che ognuna proseguisse per la propria strada, e la sua famigliola, come le piaceva considerarla, sarebbe sparita.

«D’accordo», disse Lila. «Allora, Edie, so che hai iniziato a frequentare una persona, e, Piper, al momento hai talmente tanto a cui pensare con la ricerca della casa in Colorado… E Charlotte, sono sicura che sarai impegnatissima con il tuo nuovo lavoro per la televisione…».

«Datti una mossa e facci vedere!», esclamò Piper, mandandole dei baci.

Lila era giù di morale, sembrava che stesse per finire un’era: niente più viaggi, niente più sostegno costante da parte delle sue care amiche. Tutti gli altri sembravano andare avanti mentre lei annaspava, bloccata in quella situazione senza alcun piano per il futuro. Il pensiero della solitudine le faceva sanguinare il cuore. Quindi quel giorno le aveva convocate alla caffetteria per una riunione di emergenza. Aveva un’idea, un’ultima festa.

«Possiamo fare un viaggio a inizio dicembre invece che per Natale come al solito, visto che tutte saremo impegnatissime. Suggerisco di portarci un albero e i regali, e prendere delle stanze in una baita di campagna a un paio d’ore di macchina da qui. Una vacanza tranquilla in casa». Accese lo schermo dell’iPad e lo girò. «Guardate questo rifugio meraviglioso nascosto tra le colline del Tennessee».

Iniziò a scorrere le foto della baita padronale, con doppi camini in pietra e un enorme portico incorniciato da ringhiere di legno e con sedie a dondolo. Le baite in affitto, più piccole, erano nascoste tra le colline innevate, e il mercato locale sembrava essere uscito da un set cinematografico.

«Si chiamano Baite Fireside. Sono a conduzione familiare e il posto è ricco di storia, tra battaglie locali e primi insediamenti. Ci sono sentieri per le escursioni, e lungo la strada fattorie che offrono giri a cavallo, un sacco di negozi sulla Main Street, una fiera natalizia… e in paese c’è anche una caffetteria», disse Lila, mordendosi il labbro per cercare di nascondere un ampio sorriso mentre le altre guardavano con interesse.

«Sapevo che avresti trovato qualcosa!», disse Charlotte, chinandosi verso una piccola busta che aveva tenuto accanto alla sedia. «Ero talmente fiduciosa che ho fatto queste. Ci sto!». Lanciò a ognuna una maglietta con la scritta “Settimana tra ragazze” in vivaci lettere rosse e verdi sul davanti.

«Contatemi». Edie passò le dita sulla scritta della maglietta.

«Assolutamente sì», disse Piper.

«Sono contenta che approviate… sapevo che vi sarebbe piaciuto! Ho già prenotato per tutte, sul sito c’era scritto che potevamo disdire in qualsiasi momento. Tra qualche giorno dovrebbe arrivarvi un messaggio di conferma».

Lila bevve un sorso del suo latte macchiato. Poi, da dietro la tazza, disse: «Rendiamola la vacanza di Natale migliore di sempre». E sapeva che l’avrebbero fatto. Sentiva già lo spirito natalizio.

Capitolo uno

La linea viola delle colline all’orizzonte incorniciava il panorama ondulato di campi, una distesa infinita di verde punteggiata da zone bianche innevate. Lungo la strada tortuosa, a indicare che la zona fosse abitata c’era la sottile striscia di asfalto a zig-zag che attraversava la campagna tranquilla, e il solitario fienile rosso appollaiato sul pendio come in una cartolina.

«Quanto manca?», chiese Piper, che si stava dimenando sul sedile. «Dovrei andare in bagno».

Lila guardò l’amica dallo specchietto retrovisore. «Non ci sei andata all’ultima stazione di servizio?»

«Sì, ma devo andare di nuovo».

«E sei andata anche a quello del supermercato in fondo alla strada… il Pinewood Market».

«Lo so, ma ho bevuto tutta l’acqua della borraccia», si lamentò.

«Il navigatore dice che la caffetteria locale dovrebbe essere dietro l’angolo. Possiamo fermarci lì se non riesci a trattenerla fino alle Baite Fireside».

«Sì, vi prego», squittì Piper.

Edie indicò una specie di piccola baracca con un’insegna vecchio stile e la scritta CAFFÈ in nero. «Credo sia quella», disse alle altre. «È così che si chiama? Solo Caffè?».

Lila si fermò nel parcheggio stretto e ghiaioso e spense il motore. Piper si precipitò fuori e corse nel locale, seguita dalle altre.

Charlotte si mise le mani sui fianchi, aprì il lungo cappotto invernale e studiò il posto. «Piuttosto rustico…».

Lila dovette ammettere che le foto caricate online di quel posto dovevano essere state scattate da un’angolazione particolarmente buona e con tanti filtri, perché Main Street – che dalle immagini sembrava un luogo di evasione tipicamente natalizio – somigliava più a una macchiolina lungo la strada. I negozi erano pittoreschi, le vetrine piene di merce, ma c’era poca gente in giro, i marciapiedi erano quasi vuoti. Forse era solo un momento di calma. C’erano un negozio di libri usati, una caffetteria, un piccolo supermercato e un benzinaio. «Andiamo a dare un’occhiata», disse, cercando di mantenere un atteggiamento positivo.

Dall’ingresso abbracciò con lo sguardo l’arredamento semplice della caffetteria. Era un posto senza fronzoli. Fuori c’era un tavolo di legno che dava su Main Street, ma il portico era vuoto, seppellito dalla neve. Lila immaginava le vecchie querce in autunno, che si stagliavano alle spalle della cittadina sulle colline lontane, e quella che sembrava una enorme fattoria poco più in là. Doveva essere una meraviglia quando le foglie cambiavano colore, poteva scommetterci,diversamente dai rami spogli che ora si alzavano verso il cielo quasi cercassero di aggrapparsi alla vita.

Entrarono tutte, e Lila si ritrovò in piedi al centro di una sala piccola e buia in compagnia di qualche strano avventore. Nel camino in pietra le fiamme danzavano solo quando la porta del locale era aperta. Lungo la parete di fronte a loro c’era un vecchio tavolo in legno, e non c’era nulla vicino alla cassa o sugli altri tavoli a suggerire che fosse Natale. Incastonati in uno spesso strato di gommalacca sopra il bancone, c’erano dei vecchi plettri e degli spartiti, chiaramente un omaggio alla Città della musica. In sottofondo, si sentiva una canzone country vagamente blues. E una tristissima ghirlanda natalizia, probabilmente viva fino all’anno scorso, era appesa al centro della parete dietro il bancone. Neanche il barista sembrava avere un grande spirito festivo. Aveva più o meno la loro età, l’aspetto ruvido di un boscaiolo e le fissava con un’espressione arcigna e penetranti occhi azzurri.

Posò lo sguardo sulla scritta brillante delle t-shirt che aveva preparato Charlotte, e che tutte avevano indossato sopra le maglie a maniche lunghe. Poi girò la testa di lato e si sporse per guardare alle loro spalle, la fronte aggrottata. «Potete chiudere la porta, per favore?», chiese, come se la loro presenza lo infastidisse. «Entra il freddo».

«Oh!». Lila sobbalzò per eseguire l’ordine. «Chiedo scusa». Si girò e afferrò la maniglia, coprendo la visuale sulla sua vecchia Volvo con l’enorme albero di Natale fissato sopra, e chiedendosi cosa potesse pensare il barista. Chiuse la porta proprio quando Piper tornò dal bagno. «Abbiamo visto l’insegna fuori. È così che si chiama questo posto?», chiese Lila per fare conversazione.

«Ovvio», le rispose.

«Ovvio?», contestò Edie, chiaramente seccata dalla mancanza di buone maniere e dal palese fastidio che gli creava la loro presenza. «Quindi il locale non ha un nome?»

«Alla gente del posto non serve che abbia un nome. Vero, Johnny?», gridò rivolto a un uomo con la salopette intento a leggere il giornale con una tazza in mano.

«Vero», urlò di rimando lui.

«Un genio», commentò Edie a bassa voce. «Del caffè anziché della lampada. Un incubo per il marketing…».

«Siamo qui in vacanza», disse Charlotte al barista, per nulla interessato, quindi si limitò a ordinare.

L’uomo sbuffò con sufficienza alla scelta di Charlotte e prese una tazza.

Lila chiese il solito latte macchiato, poi si lasciò cadere su una delle sedie, pronta a dare inizio alla loro vacanza. La caffetteria non era certo all’altezza del loro spirito natalizio, ma se non altro era calda e il fuoco era piacevole.

«Ieri sera ho letto un articolo su questo posto, mentre facevo ricerche sulla zona per trovare idee su cosa fare questa settimana, e sembra che il proprietario sia una persona misteriosa», sussurrò Piper sporgendosi verso il centro del cerchio che le ragazze avevano formato sedendosi, e osservando di sottecchi il barista che continuava a non degnarle di uno sguardo. Piper si era involontariamente appassionata alle celebrità per via del suo amore per la musica e la lettura: sapeva tutto sulla musica. Era in grado di fornire liste infinite di date di concerti, avvistamenti di musicisti famosi e testi di canzoni.

Piper distese con nonchalance le braccia lunghe sopra il tavolo, facendo tintinnare i braccialetti. «Nessuno sa chi sia il proprietario. Secondo l’articolo tutte le transazioni sono state fatte con lo pseudonimo di Brian Brown, ma nessuno crede nella sua esistenza. Non c’è traccia di qualcuno che porti quel nome in zona. E se lo si chiede al barista, pare che non dica una sola parola in merito. Forse è una persona sotto copertura. Oppure è un personaggio famoso».

Lila cercò di non farsi notare mentre lanciava un’occhiata al tizio dietro il bancone a cui aveva appena ordinato da bere. Aveva un viso straordinariamente bello, i capelli scuri come la barba corta, e gli occhi di un azzurro acceso. Aveva un’espressione rassegnata sul viso mentre preparava la schiuma per il latte macchiato. Poi di colpo incrociò il suo sguardo, e le si gelò il sangue.

«Non ce l’ho il latte di mandorla», le disse in un tono apparentemente risentito per aver dovuto sprecare energie per parlare. «Ho solo il latte vero».

Lila si alzò per non dover gridare da una parte all’altra della sala. «Gestisci una caffetteria e non hai alternative ai latticini? E se fossi allergica?».

L’uomo aggrottò la fronte. «Lo sei?»

«No, ma è una questione di principio».

Con lo sguardo fisso su di lei, prese il bricco di latte intero e lo versò, facendolo gorgogliare nello schiumatore come per farle dispetto. Quando finì di versare anche il caffè espresso, disse: «I coperchi sono lì dietro». Le fece scivolare la tazza davanti, indicando con un cenno del capo una piccola pila sul fondo del bancone.

«Be’, visto che abbiamo preso la strada dei latticini, voglio la panna montata», disse, rimettendogli la tazza davanti.

«È un extra. Venti centesimi».

«Non credo proprio, visto che ho ordinato un latte di mandorla macchiato, che fra l’altro è sul menu». Indicò il cartello di legno con il listino delle bevande appeso al muro sopra il bancone. «E se mancano gli ingredienti», polemizzò con parole quasi sdolcinate, «non importa cosa abbia ordinato, dovresti darmi della panna per scusarti di avermi fatto prendere una cosa che non avevo intenzione di prendere». Prima che l’uomo riuscisse a ribattere, Lila aggiunse: «Ma non ha alcuna importanza, perché fai pagare il latte di mandorla venticinque centesimi in più anche se ho avuto solo il latte di mucca, quindi in realtà mi dovresti cinque centesimi». Spinse leggermente la tazza verso di lui. «Ma facciamo che siamo pari».

Per un istante, quei due occhi azzurri la guardarono con interesse, e lei dovette sforzarsi di mantenere l’equilibrio, ma poi il lampo sparì e l’espressione gli si fece nuovamente spavalda e irritata. Aggiunse, senza entusiasmo, la panna in cima al latte macchiato, ma il flacone era vuoto e il fondo schizzò sulla tazza e addosso a lei. Lila balzò all’indietro con un grido, rimuovendo le macchioline bianche dal cappotto mentre il barista le restituiva la tazza.

«Altro?», le chiese.

«No, basta così. Grazie» rispose con sarcasmo, alzando gli occhi al cielo e tornando dalle amiche. «Non credo sia una persona famosa», disse a voce bassa, indignata. Gli lanciò un’altra occhiata.

Charlotte si sporse in avanti. «Però è carino».

«Direi proprio di no», commentò Piper con una risatina. «Famoso, intendo. Per il resto, devo dire che ha un certo non so che». Portò i capelli biondi chiarissimi dietro l’orecchio e prese il suo caffè.

«Allora, Lila, raccontaci del tuo appuntamento», disse Charlotte cambiando argomento. «Muoio dalla voglia di sapere com’era Kyle!».

Lila fece una smorfia. «Non mi fiderò mai più dei tuoi consigli sugli appuntamenti al buio», disse all’amica.

Charlotte scoppiò a ridere.

«Riesco a malapena a mettere i coperchi sui contenitori giusti, e quello lì mi ha fatta penzolare sul crinale di una montagna. Ho dovuto affidare la mia vita a quei gancetti colorati che spuntano dalle rocce, pregando di aver legato la corda nel modo giusto. Mai più».

Avrebbe dovuto sentire forte e chiaro il campanello d’allarme quando lui le aveva raccomandato di portare con sé i contanti per il parcheggio.

«Non mi vieni a prendere?», gli aveva chiesto, mentre metteva il lucidalabbra sul labbro inferiore in vista di quella che credeva sarebbe stata una serata romantica. Non lo usava da secoli. Aveva comprato un colore nuovo apposta per l’occasione, era il primo appuntamento da quando lei e Razz si erano lasciati qualche anno prima.

«Dopo vado a giocare a hockey con degli amici, conviene che ognuno arrivi per conto proprio», le aveva risposto.

Lila pensava che avrebbero passato una serata piacevole a cena, parlando e bevendo vino, non certo arrampicandosi su una montagna, con la vita che le passava davanti ogni volta che muoveva le dita. Non ci aveva creduto quando le aveva illustrato il programma.

Era sul punto di rinunciare, ma si era ricordata che Charlotte le aveva consigliato di dare una possibilità alle persone per poter trovare quella giusta.

Jenny Hale è un’autrice bestseller di «USA Today». Due dei suoi romanzi d’amore sono stati selezionati per degli adattamenti televisivi. La Newton Compton ha pubblicato Iniziò tutto a Natale, Cercasi amore durante le vacanze, Torno a casa per Natale e Una vacanza per Natale.

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Author: Jenny Citino
Jenny Citino è la curatrice del blog letterario "Librichepassione.it" Amante della lettura sin da bambina, alterna questa sua passione con la musica classica, il giardinaggio e la pratica dello Yoga.

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