Segnalazione: “Cronache delle Multisfere” L’ ombra di Durgash di Tommaso Sguanci

Leitar è un ragazzo pieno di sogni ma povero di talenti. Adottato da una coppia senza figli, trascorre le giornate lavorando alla fucina del padre, che non perde occasione per fargli pesare la sua incapacità. La sera si immagina guerriero indomito che sconfigge mostri e draghi, ma la mattina lo riporta alla cruda realtà. Laura è una ballerina talentuosa che lavora come manichino vivente in un negozio a Valencia, insieme all’amica Aldara. Soffre a causa dell’ultima relazione, ma quando incontra Miguel pensa di aver trovato colui che le può ricucire le ferite del cuore. Ma l’amore non è solo felicità e pace, soprattutto quando l’invidia s’intromette. Quando Durgash il demone si risveglia dall’Abisso per dominare tutto ciò che esiste, Leitar e Laura si ritrovano a condividere un destino che non credevano possibile, da cui dipende l’esistenza dei loro mondi così lontani chiamati Multisfere. Sotto la guida di Mìriador, potente stregone, i due giovani devono percorrere la strada perduta che porta all’Antico, unico capace di fermare Durgash. Sapranno trovare il modo di viaggiare fra le Multisfere, riusciranno ad affrontare le proprie paure in modo da non mettere a repentaglio la missione?

Tommaso Sguanci
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“Dichiaro che questa opera è stata da me realizzata e sono il solo proprietario dei diritti di sfruttamento”

Seconda Sfera: LAlba di un Nuovo Sole

La notte ammantava il cielo con il suo drappo di velluto scuro. Guizzanti stelle intessevano il manto nero: moltitudini di rubini, zaffiri e smeraldi. La luna nuova accresceva il silenzio che prese forma di fitta nebbia; aleggiò nelle valli, abbracciò i piedi delle colline e strisciò su per il fiume che aveva spento il suo canto in un mormorio sommesso. Anche il villaggio sedeva stanco nel silenzio, radunato intorno al fuoco scoppiettante. La pancia ormai sazia e le risa spente insieme al cozzare delle stoviglie, che pendevano sgocciolanti e linde all’aria aperta. Ognuno fissava il fuoco, immobile, come se fosse da solo, come se non percepisse più neanche sé stesso. D’un tratto il piccolo Beniamino si alzò dall’erba, si spolverò con le mani i corti calzoni, si trascinò lento fino al vecchio Simeone e allungò le braccia verso di lui. L’anziano guardò il piccolo, sorrise, lo sollevò da terra e lo pose sulle sue ginocchia nocchiute. Beniamino si accoccolò come un cucciolo in grembo alla madre, poi parlò: «Padre, perché questa notte è diversa da tutte le altre notti?» Simeone sorrise ancora; tutti si rivolsero verso di lui, le orecchie tese e l’aria si riempì di tensione. Sospirò profondamente, si schiarì la voce e con un lamento incominciò il racconto.

Leitar

L’intera Altas era in festa. Il sole d’autunno scintillava sui tetti verdi di muschio umido della massiccia capitale che, con le sue case fitte dentro alle possenti mura di pietra grigia, era un baluardo brulicante. Non si poteva dire che fosse una città particolarmente bella ma era sicura e solida; viverci era piacevole e nessuno si sentiva estraneo. Si trattava più di una grande cittadina che di una metropoli per via delle sue dimensioni contenute.

Nella capitale lavorava un esile garzone, di nome Leitar, figlio adottivo di Kurian il fabbro e di sua moglie Giacinthya. I due, privi di prole, avevano deciso di adottarlo dopo che lei lo aveva trovato al fiume mentre lavava i panni. Kurian, un uomo grosso e dalle braccia pelose, era stato contento di avere finalmente un allievo cui trasmettere la sua arte. Purtroppo le sue aspettative erano presto state deluse una volta che Leitar era cresciuto.

Sparuto, dai capelli scuri e arruffati e la pelle abbronzata, manovrava con fatica i pesanti attrezzi da fabbro. Ogni giorno si prodigava nell’officina del padre cercando di compiacerlo ed evitare la sua facile ira.

«Leitar, battimi la lama di questa falce. Mi raccomando, è delicata verso il filo.»

«S-sì, padre!»

Tempo qualche decina di minuti, Kurian si avvicinò al figlio per controllare il lavoro. «Leitar, ma cosa diamine hai combinato! Ma non lo vedi che è tutta storta?»

«O-ora la sistemo, padre!»

Kurian strappò gli attrezzi dalle mani del figlio. «Lascia perdere, ormai è da buttare. Vammi a comprare il carbone, va’ che è meglio. Almeno eviti di fare danni in fucina.»

Leitar sospirò e abbassando il capo uscì tirandosi dietro il carretto. Prese a calci un torsolo di mela e rimuginava su quanto successo. “Un giorno ti dimostrerò tutto il mio valore, pretenzioso padre! Mi vedrai cavalcare insieme agli eroi più valorosi!”

Scene simili capitavano all’ordine del giorno e così Leitar era cresciuto sempre più insicuro e sognatore. Trasformava spesso le sue commissioni in visite, insieme ai suoi amici, alla torre abbandonata nel vicino Bosco di Laullia, furti di pagnotte all’antipatico mugnaio Gerath, corteggiamenti alle giovani sguattere della taverna del Gallo Ridente, stando attenti a non farsi beccare dal proprietario.

«Leitar, reggi questo. Mi raccomando, tienilo ben saldo.»

«Sì, padre. Per quanto tempo?»

«Finché non te lo dico io.»

Era passata mezz’ora e ancora Kurian non lo aveva sciolto dalla sua noiosa posizione. “Come odio tutto questo! Mi sento così inutile. Io voglio fare cose importanti!”

«Padre…»

Kurian scosse la testa senza neanche voltarsi. «Non ancora, Leitar. Abbi pazienza.»

Il garzone sbuffò. Soltanto dopo un’altra mezz’ora poté muoversi. Il suo braccio doleva per il lungo sforzo.

«Bene, adesso rimetti a posto gli attrezzi lasciati in giro.» Il fabbro agitò la mano pelosa in aria.

«Padre ma siamo ancora a metà giornata, gli attrezzi serviranno agli operai.»

«La fucina deve essere sempre in ordine, non l’hai ancora imparato? Forza, datti da fare.»

Fu forse a causa di quella frustrazione quotidiana che Leitar aveva sviluppato una sorta di orticaria, uno sfogo sulla pelle che non passava neanche con gli impiastri di bardana accuratamente preparati dalla madre.

Il giorno prima della grande celebrazione, Leitar era seduto sulla finestra della sua camera e guardava la luna, il cuore pesante. “Caro padre, io ti odio! Non c’è un giorno che tu mi faccia sentire fiero di te. Se non mi volevi perché non mi hai lasciato al fiume in cui mi avete trovato?” Due lacrime solcarono le guance sporche del giovane. “Non sono degno di essere tuo figlio. Io non odio te. Odio me. La mia incapacità di fare qualcosa di buono…”

Tommaso Sguanci nasce a Firenze nel 1980. Sin da ragazzo si appassiona di storie fantasy e scrive i suoi primi racconti. A venti anni inizia a interessarsi di esoterismo e spiritualità, soprattutto quella orientale. Si laurea alla Pontificia Università Gregoriana di Roma in Filosofia e Teologia.

Si dedica allo studio e alla pratica delle discipline olistiche, in particolare lo shiatsu, il massaggio thailandese e il tuina.

Nel 2014 pubblica il suo primo libro per la Zerounoundici edizioni, una raccolta di storie intitolata Racconti intorno al Fuoco.

Nel 2016 lascia l’Italia e vive in Irlanda, Grecia e infine in Giappone, dove attualmente risiede. Nel luglio 2022 esce il primo volume della trilogia Cronache delle Multisfere edita da Bertoni Editore.

I suoi autori di riferimento sono Tolkien, Rowling, Hesse, Ende, Murakami Haruki, Melville, Benni, Calvino. È appassionato anche di anime e film di animazione giapponese, soprattutto quelli dello Studio Ghibli.

Author: Jenny Citino
Jenny Citino è la curatrice del blog letterario "Librichepassione.it" Amante della lettura sin da bambina, alterna questa sua passione con la musica classica, il giardinaggio e la pratica dello Yoga.