Per non dimenticare! Poesie sull’ Olocausto. “Giornata della Memoria”

“L’ Olocausto
è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria.”

                                                                                                                                                “Primo Levi”

 

 

“Un paio di scarpette rosse”

C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”.
C’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano i suoi occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perchè i piedini dei bambini morti non crescono.
C’è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perchè i piedini dei bambini morti
non consumano le suole”.
       poesia di Joyce Lussu

“C’erano uomini…”

C’erano uomini,donne e ragazzini
c’erano vecchi e mamme con bambini.
C’erano lacrime e ricordi di vite già lontane
c’erano dolori,miserie e violenze disumane.
C’erano punizioni,lavori forzati e soldati
c’erano silenzi,uomini sporchi e malati.
C’erano eserciti, fili spinati e fredde prigioni
c’erano divise,numeri incisi ed esecuzioni.
C’erano stenti,fame e malattie
c’erano ghetti,campi ed epidemie.
C’erano pensieri ed esistenze troppo corte
c’erano attese palpitanti in promesse di morte.
C’erano cuori spezzati  da addii definitivi
c’erano visione di tramonti per quelli ancora vivi.
C’ erano vergogne appese a un intelletto violento
ma anche sogni e speranze fino all’ultimo lamento.
   poesia di Maria Ruggi

 

” Filo spinato “

Su un acceso rosso tramonto,
sotto gl’ippocastani fioriti,
sul piazzale giallo di sabbia,
ieri i giorni sono tutti uguali,
belli come gli alberi fioriti.
E’ il mondo che sorride
e io vorrei volare. Ma dove?
Un filo spinato impedisce
Che qui dentro sboccino i fiori.
Non posso volare.
Non voglio morire.
Peter, bambino ebreo ucciso dai nazisti nel ghetto di Terezin”.

 

” Il giardino “

Un piccolo giardino,
fragrante e pieno di rose.
Il viale è stretto,
lo percorre un piccolo bambino.

Un piccolo bambino, dolce bambino,
come quel fiore che sboccia.
Quando il fiore arriverà a fiorire
il piccolo bambino non ci sarà piu'”.

  poesia di Franta Bass

 

” Il violinista di Auschwitz “

Ogni mattino
anche quando per caso
non c’è stato nessun incubo
quando non mi sono destato
in un sudore freddo,
quando non mi sono alzato nello spavento, 
nel terrore delle SS.
Proprio ogni mattino.

Mi domando
dove andrò oggi?
Mi vesto,bevo il tè,
avvio l’auto
e parto?
per dove?

Il motore ronza sommesso
i luoghi scorrono via veloci
il viale, i semafori
la strada s’inerpica
su per la collina,
il cancello aperto.
Ogni mattino
Yad Va’Shem?
il memoriale dell’Olocausto.

Lo stesso borbottio
le stesse voci
le stesse note
la stessa musica
La marcia
la piccola città in fiamme.
La musica guida la mia auto,
mi trascina come una calamita
come un cavo
come la catena di un argano
a Yad Va’Shem.

La tenda della Memoria
il Lume Perpetuo
candele
la Sala dei Nomi
foto,occhi,
denti,dentiere d’oro,capelli umani.
Qui stanno le camere a gas,
i forni,
i crematori
e gli ebrei in informi abiti a strisce
che spostano corpi:
Donne nude che cercano invano
di celare la loro vergogna
sul ciglio della fossa comune.
Mancano soltanto
il fetore,il fumo e la musica.

Cosa significano il rumore,
la cadenza dei passi
“Links,sinistra,sinistra…!”
La frusta, gli spari,
” il lavoro rende liberi”
sull’arco sopra il cancello.
E tutt’intorno 
mura,cani, e filo spinato;
elenchi di nomi e di numeri
e c’è una mano? Yad, mani.
Nella parata,chi viene, chi va
da dove, per dove?

Là io suonavo il violino,
fui selezionato
per l’orchestra
che ogni giorno accompagnava, con la musica,
gli ebrei spinti
nelle camere a gas 
sull’orlo dell’abisso?
al luogo da cui nessuno fa ritorno,
nessuno torna indietro
è soltanto rimosso, cadavere
per gli inceneritori.

Non v’è piu’ bisogno di correre
nessun motivo di terrore
ma quella melodia echeggia ancora nella mia testa.

E così arriverò
qui,oggi ieri 
domani,
davanti alla foto dei suonatori:
un’orchestra che guida 
la processione infinita di quelli che camminano
nella Valle dell’Ombra della Morta.

Sì,ora sono un nonno
dai capelli bianchi;
rimane ben poco di me
ma i miei tratti somigliano ancora,
un pò, al violinista,a me,
là sulla foto 
di Auschwitz.

E può accadere 
che un visitatore di Yad Va’Shem mi osservi,
fissi la parete, e resti sorpreso.
Come se vedesse qualcuno
al di là di uno spartiacque?
un’apparizione che,per lui,
appartiene all’ altro mondo;
che,per me,è
quel mondo che fu.

Mattino dopo mattino
giorno dopo giorno
arriverò qui,
con quella musica che mi perseguita,
a quelle immagini sulla parete
a quel fetore nelle narici
che solo io posso avvertire.

Questo è il mio luogo,gli appartengo.
Non sono una “statua vivente”.
sono vivo.
Di questo monumento
sono una parte.
Questo Yad Va’Shem?
Mano e Nome?
e corpo:
il mio.
  Moshè Liba

 

“Non dimenticare”

Quei fanciulli dagli occhi smarriti
raffigurano infamia del mondo,
tutti in fila con abiti lerci
nella neve ora girano in tondo.

Aggrappati a una rete ossidata
son derisi dai loro aguzzini,
hanno tutti lo sguardo implorante
e innocenza di dolci bambini.

Stesso sguardo rivedi ogni giorno
nei fanciulli di tutta la terra,
quando a loro è negata ogni gioia
ed agnelli son per la guerra.

Necessario non è rivedere
di sterminio l’immane tragedia,
basta andare nel mondo e guardare
i fanciulli morire d’inedia.

Essenziale non è ricordare
solamente Shoah cosa è stato,
c’è bisogno che ognuno dia voce 
ad un bambino che grida affamato.                                                                        
      Michele Schiavone

“La giornata della memoria”

Nessuna certezza,
tutela mancata,
dolore infinito:
lavoro forzato,
tortura
e poi morte.

Fu questa la sorte
per tanti diversi
nei lager e nei ghetti
di tutto privati,
percossi,
insultati,
alla fine annientati.

Per quei poveri corpi
così martoriati
un brivido corre lungo la schiena,
e ogni vena
lamenta un acuto dolore,
c’è pena nel cuore
per l’oltraggio compito!

Mai piu’ umanità così persa…
fu per nulla una farsa
e vivo è il ricordo di quella
scomparsa,
che fu atroce sterminio
o omicidio di massa.

  “Maria Rosaria Longobardi”

“Per non dimenticare”

Un giorno fummo presi
da uomini di ghiaccio
e portati lontano dal sole.
Non un frammento di luce,
lasciarono nei nostri cuori
in silenzio, camminavano
i nostri sogni e, fu così che,
diventammo dei numeri, delle ombre,
mucchi di tenebre.
Poi leggeri leggeri, uscimmo
da alti camini.
  Gina Tota

L

” Le valigie di Auschwitz”
edizione Piemme

 

Quando sei davanti a quel vetro di Auschwitz a guardare le valigie abbandonate, leggi i nomi scritti sopra e aspetti….forse di sentire le voci, le risate, di vedere i visi dei bambini. Certe volte non serve conoscere le persone per sentirne la mancanza, basta un nome scritto sopra la valigia di un estraneo, partito su un treno per essere cancellato.
Dietro quel vetro, a qualcuno è successo di sentire le voci di Carlo, Hannah, Jacob, Dawid, Emeline….all’inizio sono voci sconosciute, e sembrano tutte uguali. Ma se ascolti bene, impari a distinguerle e non sono più estranee.
Mi piacerebbe scavalcare il vetro, aprire le valigie con i nomi e cercare la speranza che è rimasta dentro. Mi piacerebbe liberarla, sono sicura che tornerebbe a casa.

                                                                                                              DANIELA PALUMBO

 

“Infanzia miserabile”

Infanzia miserabile, catena

che ti lega al nemico e alla forca.

Miserabile infanzia, che dentro il

suo squallore

già distingue il bene e il male.

Laggiù dove l’infanzia dolcemente

riposa

nelle piccole aiuole di un parco

laggiù, in quella casa, qualcosa si è spezzato

quando su me è caduto il disprezzo:

laggiù, nei giardini o nei fiori

o sul seno materno, dove io sono nato

per piangere…

Alla luce di una candela m’addormento

forse per capire un giorno

che io ero una ben piccola cosa,

piccola come il coro dei 30.000,

come la loro vita che dorme

laggiù nei campi,

che dorme e si sveglierà,

aprirà gli occhi

e per non vedere troppo

si lascerà riprendere dal sonno…

                                               Zanus Zachenburg 19/07/1929 – Auschwitz 18/12/1943

 

Author: Jenny Citino
Jenny Citino è la curatrice del blog letterario "Librichepassione.it" Amante della lettura sin da bambina, alterna questa sua passione con la musica classica, il giardinaggio e la pratica dello Yoga.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *