“A due chiacchiere con lo scrittore”
Francesca Maccani
foto presa dal web
Biografia
Francesca Maccani, trentina di origine, vive a Palermo e insegna Lettere alla scuola secondaria. Nel 2018 vince il Premio Donna del Mediterraneo con La cattiva scuola, scritto a quattro mani con Stefania Auci. Esordisce nella narrativa con Fiori senza destino (2019, finalista al Premio Berto). Per Rizzoli ha pubblicato Le donne dell’Acquasanta (2022, disponibile in BUR) con cui ha vinto il premio Rapallo Bper.
Il nuovo romanzo di Francesca Maccani, edito da Rizzoli, si intitola “Agata nel vento.” Un romanzo di mare e di cielo.
Lipari, nel 1902, è un’isola selvaggia, radicata nel mito e proiettata verso un futuro d’oltreoceano. Le donne dell’isola, creature di mare e di terra, padroneggiano i segreti delle acque turchesi e degli animali che le abitano, dominano i giri di vento e profumano di sale. Tra queste, c’è Agata, una ragazza di quindici anni, bella e inquieta, che vive con la madre e i fratelli, una famiglia spezzata dalla partenza del padre per il Nuovo Mondo in cerca di fortuna.
Ispirandosi alla storia vera, mai raccontata, di una guaritrice di Lipari, Francesca Maccani ha scritto un romanzo potente e suggestivo che ci immerge nella magia e nelle tradizioni arcane delle Eolie. Un racconto che parla ancora oggi di passione, rinascita, fame d’amore e coraggio di cercare la propria strada.
Non perdete l’opportunità di conoscere più da vicino Francesca Maccani e il suo affascinante romanzo.
Benvenuti a “Due chiacchiere con lo scrittore”. Oggi ho il piacere di ospitare l’autrice Francesca Maccani, che ci presenterà il suo ultimo romanzo “Agata del vento”Un romanzo di mare e di cielo, edito da Rizzoli.
Ciao Francesca, benvenuta .Cosa l’ha ispirata a scrivere “Agata del vento”?
L’idea è nata durante un viaggio a Lipari. Ero con i miei alunni e stavamo facendo un itinerario naturalistico, perciò abbiamo potuto godere delle bellezze dell’isola, anche dell’entroterra e non solo del mare. In quel momento, con l’isola quasi deserta, ne ho avvertito il palpito e ho sentito una bellissima energia. Chiacchierando con alcune persone del luogo, sono venuta a conoscenza dell’esistenza delle “majare”, donne che praticavano i “razziuni” e sapevano curare le persone con queste preghiere, che possiamo chiamare così anche se non lo sono esattamente. Da lì è nata l’ispirazione per ciò che avrei voluto scrivere.
Agata è una ragazza con un dono particolare. Come ha sviluppato il personaggio e le sue capacità?
Agata ha un dono molto particolare. Il personaggio è ispirato a una donna realmente esistita, una “majora” delle Isole Eolie, una delle più potenti che ci siano mai state. Ho letto di lei in alcuni saggi di stampo antropologico, ma soprattutto la figura di Annuzza, molto potente, mi è stata raccontata da una signora ottantenne del luogo che l’aveva conosciuta. Da lì è nato il personaggio. Anche se questa signora nella realtà era una donna grande e sposata, il mood del personaggio è nato ispirandosi a una persona realmente esistita.
Agata è frutto di un’idea che si concentra sul fatto che molte donne non si sentono libere di essere se stesse, di vivere i propri talenti, il proprio sentire e i propri doni. Volevo che questa fatica venisse fuori, ma volevo anche trasmettere l’idea che si può scegliere di non soccombere, ma di portare avanti se stesse fino in fondo.
Come ha ricostruito l’ambientazione di Lipari del 1902 nel romanzo?
L’ambientazione di Lipari l’ho ricostruita grazie all’aiuto preziosissimo di uno storico straordinario, Giuseppe La Greca. Mi ha messo a disposizione tutte le foto d’archivio che aveva, i documenti che possedeva e, soprattutto, gli articoli di cronaca dei giornali locali dell’epoca. Da questi ho estratto vari eventi, come lo sbarco della Regina Margherita e il fatto che fu fatto brillare uno scoglio con la dinamite perché rischiava di danneggiare le barche. Ho trovato anche notizie su un femminicidio, tutti fatti di cronaca che ho estrapolato dai giornali grazie a Giuseppe La Greca. Essendo lo storico più accreditato delle isole, mi ha raccontato anche molti aneddoti su come era fatto il porto. Oggi gli aliscafi attraccano a Marina Lunga, mentre all’epoca il porto privilegiato era Marina Corta.
La storia di Agata parla di libertà e di destino. Cosa spera che i lettori traggano da questi temi?
L’insegnamento che spero emerga da questa storia è proprio quello di non nascondersi e di non nascondere i propri doni e talenti. È importante avere la forza e il coraggio di credere in se stessi e di portare avanti ciò che ci rende unici, senza omologarsi. Spesso, per paura di non essere accettati o di essere considerati diversi, ci nascondiamo. Il messaggio che voglio trasmettere è un messaggio di libertà e di coraggio verso se stessi: il coraggio di portare avanti la propria personalità e i propri sogni senza temere il giudizio altrui.
Può dirci qualcosa sul processo di scrittura di questo romanzo?
Scrivere di Agata non è stato semplice. Intanto, il secondo romanzo, come tutti gli scrittori sanno, è il più difficile in assoluto, specialmente quando viene dopo un libro che ha riscontrato un buon gradimento di pubblico. Avevo anche un po’ il timore di non riuscire ad essere all’altezza delle aspettative. Inoltre, ha richiesto un lunghissimo momento di documentazione storica, topografica, etnografica e antropologica. Dietro questo libro ci sono veramente ore e ore di ricerca perché non volevo lasciare nulla al caso e rischiare di fare degli errori. Ho chiesto la consulenza di persone del luogo e non solo.
Poi c’è tutta la mia parte, la parte in cui Francesca scrive e mette pezzi di anima dentro il libro c’è tanto di me. Ci sono tante sensazioni filtrate dal mio sguardo dentro il libro. Non è stato facile scrivere in modo molto onesto e schietto, perché ci si mette molto a nudo quando si fa quest’operazione. Non nego di aver avuto momenti di difficoltà e dolore nei momenti emotivamente forti, ma ora che il libro è finito e ci sono persone che mi scrivono dicendomi “ho pianto”, “mi sono emozionato/a”, “sono tornato/a indietro con la memoria a quando ero piccolo/a” è la frase che mi viene ripetuta più spesso, “mia nonna mi raccontava”, o “nel mio paese c’era la signora che…”. “mi hai fatto fare un viaggio nel tempo a ritroso”.
Credo che la cosa più bella sia aver restituito un pezzo di memoria a tutte le persone che in qualche modo avevano queste storie nascoste, le hanno riviste e rivissute, e ciò ha generato in loro forti emozioni. Laddove sono riuscita a emozionare, credo di aver raggiunto il mio scopo.
Grazie mille Jenny ti abbraccio
Grazie a te per il tempo che hai dedicato al mio blog e ai lettori
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