“Amore neve e cioccolato” di Julie Caplin

Dall’autrice del bestseller Un tè con biscotti a Tokyo
Se c’è una cosa di cui Mina è assolutamente sicura è che il cioccolato possa risolvere ogni problema. Così, quando si ritrova a fare i conti con una cocente delusione amorosa, non si perde d’animo: un viaggio sulle Alpi svizzere, ospite nello chalet della sua adorata madrina, è quello che ci vuole per curare un cuore spezzato. E così prepara le valigie, decisa a godersi la sana vita di montagna, aria frizzantina e panorami mozzafiato e, perché no, a farsi coccolare dal gusto irresistibile della cioccolata svizzera. Il suo lavoro di consulente alimentare le ha insegnato che le scoperte migliori sono quelle che avvengono in modo inaspettato, lasciandosi sorprendere dai sapori inattesi. Anche se ultimamente la sua vita professionale sembra essere incastrata su progetti monotoni e poco stimolanti, Mina sente che quel soggiorno le consentirà di ricaricare le batterie e ripartire al massimo. Tutte le sue certezze, però, sono destinate a vacillare quando, a bordo di un treno che si inerpica tra le cime innevate, si imbatte in un affascinante sconosciuto…
Le montagne, la neve e la cioccolata calda… La ricetta infallibile per guarire un cuore spezzato!
«Una fantastica fuga dalla realtà.»
Phillipa Ashley
«Irresistibile!»
Katie Fforde
«Uno dei migliori romanzi di sempre.»
Sue Moorcroft

A mia sorella Lynda, il mio esatto opposto,
una persona divertente, gentile e davvero resiliente,
che non si merita altro che la felicità.

Capitolo uno

“Sarà una serata indimenticabile”, decretò Mina mentre si arrampicava in maniera precaria su una sedia per appendere le lucine lungo l’arcata che divideva la cucina dalla sala da pranzo. Un perfetto tocco finale.

«Che bello», commentò sua sorella, Hannah, comparendo sulla porta con un’enorme busta della spesa.

«Sei tornata». Mina saltò giù dalla sedia con un tonfo, battendo le mani in preda all’entusiasmo e ricordandosi solo in un secondo momento dei vicini al piano di sotto. «L’hai presa? Non riesco a credere di essermene dimenticata. Sul serio, che serata messicana è senza tequila? Anzi, ripensandoci forse avrei dovuto chiederti di prenderne due».

«Una basta. Porteranno tutti da bere e hai preso anche una cassa di Corona. Non credo proprio che soffriremo la sete».

«Sei un tesoro. Cosa farei senza di te?», esclamò gettandole le braccia al collo.

«Probabilmente sopravvivresti», rispose Hannah, districandosi dall’abbraccio. «C’è talmente tanta roba da mangiare, che per l’intero fine settimana camperanno tutti d’avanzi».

Mina le rivolse un sorriso allegro. «Sarà una serata perfetta». Non vedeva l’ora che gli ospiti fossero seduti con la pancia piena di cibo e alcol, intenti a chiacchierare a lume di candela intorno alla tavola apparecchiata con la sua collezione di porcellane, composta da pezzi comprati nel corso degli anni in diversi mercatini. Aveva passato tutto il giorno e gran parte della sera precedente a cucinare, ma ne valeva la pena, per festeggiare il suo primo anniversario con Simon. Un intero anno insieme. Per lei era un vero e proprio record, ma doveva ammettere che le piacevano la calma e la stabilità che lui aveva portato nella sua vita. Lui era lo yin del suo yang, o qualunque fosse il detto. A dire il vero probabilmente era il contrario, ma Mina non ne sapeva un bel niente di filosofia cinese. L’unica certezza era che quella sera aveva invitato a cena otto amici, compresa sua sorella Hannah. Sarebbero stati un po’ stretti, ma c’erano abituati, dato che nell’ultimo anno aveva organizzato una festa parigina (molto chic), un incontro hygge danese (molto intimo), una serata speakeasy a base di gin (con splendidi vestiti anni Venti, tra cui il cappello trilby di Simon, che era costato una fortuna), e un banchetto tailandese (piccante, fresco e assolutamente delizioso).

Sulla tovaglia a righe in stile serape aveva posizionato delle tovagliette di rafia dai colori sgargianti, dei portatovaglioli a forma di sombrero e una fila di rustici portacandele in metallo che percorrevano tutta la lunghezza della tavola. Aveva persino comprato dei cubetti di ghiaccio di plastica a forma di cactus per mantenere fresca l’acqua nella caraffa.

«Le tue feste sono sempre incredibili, ma sgobbi come una matta. Io avrei comprato un paio di salse messicane e un po’ di guacamole al supermercato».

«Ma quello non è cibo messicano autentico!», ribatté Mina sgranando gli occhi e fingendosi scandalizzata. «Sto preparando del vero street food. Vieni». Si precipitò in cucina 

e fece segno alla sorella di seguirla. «Devi assolutamente provare questo», disse porgendole un cucchiaio.

«Che cos’è?», chiese Hannah, con gli occhi a fessura e un’espressione sospettosa.

«Assaggialo…».

Esitante, ne prese un boccone. «Oh, wow». Sbatté gli occhi rapidamente. «Bello piccante, ma…», ne prese un altro po’, «che bontà!».

«Crema di cioccolato con peperoncino ecuadoriano. È da mangiare con i churros, come dessert. Non è divina?». Mina vi intinse un dito e ne prese un po’, chiudendo gli occhi in preda all’estasi più assoluta. Era deliziosa. Le ci era voluto parecchio a scovare quella particolare marca artigianale, ma valeva ogni centesimo del prezzo esorbitante a cui l’aveva pagata. Anche se era stata altrettanto tentata dal cioccolato fondente del Madagascar al caramello salato e da quello di Trinidad e Tobago aromatizzato al rum: c’erano troppi gusti favolosi tra cui scegliere.

«Più che altro la definirei diversa. Vorrei tanto saper cucinare come te».

Mina rise.

«Ma non faresti un lavoro così importante e non abiteresti in un appartamento da sogno», rispose, abbracciando con lo sguardo la stanza piccola e angusta. Non che invidiasse sua sorella, ma le sarebbe piaciuto, un giorno, avere una cucina di dimensioni decenti, con un’isola al centro di un bell’open space, da cui avrebbe potuto intrattenere i suoi ospiti senza doverli abbandonare ogni cinque minuti. Ne aveva addirittura già progettato la disposizione nella sua testa.

Quando lei e Simon sarebbero andati a vivere insieme, avrebbero potuto unire le forze e comprare un appartamento più grande, magari persino una villetta. Nonostante avessero due personalità molto diverse, entrambi amavano il cibo e organizzare feste, e questa era una delle ragioni per cui la loro relazione funzionava così bene. «Cosa vuoi che faccia?», domandò Hannah guardandosi attorno.

«Potresti grattugiare il formaggio per i nachos, se ti va. Mi raccomando, usa il cheddar e non il mio speciale formaggio alpino».

«E quello a cosa serve? O non dovrei chiederlo? È una specialità messicana che non conosce nessuno?».

Mina scoppiò a ridere. «No, al lavoro stiamo studiando la ricetta per una fondue, così ho pensato di fare qualche esperimento a casa. La cosa più importante è trovare il formaggio giusto. Amelie mi ha mandato via mail delle ricette tradizionali svizzere».

«Ah, che cosa carina. Come sta?».

Amelie, la madrina di Mina, era stata una compagna di classe di sua madre in una scuola privata in Francia. Hannah, invece, non era stata battezzata perché i loro genitori non ne avevano avuto il tempo, ma Amelie, con la generosità che la contraddistingueva, l’aveva adottata comunque come figlioccia onoraria e le spediva sempre dei regali di compleanno e di Natale.

«Bene. Ha lasciato Basilea e si è comprata una baita in mezzo alle montagne che è un amore. Continua a dirmi di andarla a trovare, e a essere onesti mi sento un po’ in colpa per non esserci ancora andata, ma abita proprio in mezzo al nulla e oltre all’aereo bisogna prendere il treno Zurigo-Ginevra e farsi altre tre ore di viaggio prima di arrivare a casa sua».

«Già, non proprio la meta ideale per un weekend fuoriporta. Adesso cosa vuoi che faccia?»

«Quando hai finito di grattugiare il formaggio, potresti aiutarmi a preparare le coppe per i Margarita».

«Come si fa?»

«Bisogna intingere i bordi nel succo di lime e poi nel sale, per creare una bella crosticina». Agitò le mani in direzione dei bicchieri da cocktail che era stata contentissima di trovare in saldo. «Guarda: aggiungo al sale una spruzzata di brillantini dorati edibili, per dare un tocco di brio». Era piuttosto soddisfatta di quella trovata, e lo fu ancora di più quando vide la reazione entusiastica di sua sorella.

«Che idea geniale. Ecco perché fai la tecnologa alimentare».

«Mah, non pensare che studiare una nuova versione di sugo per la pasta sia così emozionante», commentò Mina, cercando di non apparire troppo ingrata: lavorare nelle cucine di un’azienda alimentare della grande distribuzione era un bel lavoro, anzi, un ottimo lavoro… solo che nell’ultimo periodo non si sentiva più ispirata come un tempo. La gastronomia improntata a soddisfare ogni tipo di cliente, guarnendo le lasagne con una besciamella più gustosa, per esempio, poteva risultare un tantino noiosa quando lei moriva dalla voglia di sperimentare sapori nuovi.

«Ora, se vuoi essere la mia aiutocuoca, devi proprio darti da fare».

Mina si allontanò canticchiando e si mise ad affettare e tagliare a dadini le cipolle, poi condì il pollo e tritò un mucchietto di peperoncini, turbinando da un lato all’altro della cucina come una trottola. Era una serata speciale, e il cibo rappresentava solo una piccola parte della sua buona riuscita: il vero scopo era dimostrare a Simon quanto lui fosse importante per lei. Nell’ultimo anno, era diventato parte integrante della compagnia di amici di Mina, e lei desiderava condividere la propria felicità con loro. I veri amici erano tutto ciò che contava. Lanciò un’occhiata alla piccola pentolaccia decorata con carta velina a righe rosa e blu; ne aveva riempito la taschina interna poco prima e un brivido di trepidazione le percorse la schiena al pensiero della reazione che avrebbe avuto Simon quando, rompendola, avrebbe visto cosa conteneva.

Alle sei in punto era quasi tutto pronto e le due sorelle si concessero un sorso di Margarita appena shakerato.

«Abbiamo giusto il tempo per farci belle», commentò Mina esaminando la cucina e le file ordinate di piatti da portata allineati, pronti per essere serviti. Lei lo chiamava “stile Blue Peter”, riferendosi al famoso programma per bambini il cui presentatore insegnava a fare dei lavoretti ripetendo spesso «Ed eccone alcuni che ho preparato in precedenza», un metodo che le permetteva di trascorrere meno tempo possibile in cucina dopo l’arrivo degli ospiti: una vera sfida, quando si serviva dello street food fresco e saporito. Non potendo evitarlo, sistemò gli ultimi dettagli mentre aspettava che Hannah lasciasse libero il bagno, e infine vi si precipitò in fretta e furia alle sette meno venti. Si fece una doccia alla velocità della luce, pettinò i capelli biondi tagliati a caschetto e diede il tocco finale applicando un velo di rossetto rosa e una rapidissima passata di mascara nero sulle ciglia, talmente pallide e lunghe che avrebbero potuto fare concorrenza a quelle di un lama. Fatto. Mandò un bacio al proprio riflesso nello specchio sbattendo gli occhi da cerbiatta e sfrecciò in camera per indossare il suo nuovo vestito fucsia acceso, prima di tornare in cucina e infilarsi un grembiule. In passato le era capitato di essere colta alla sprovvista da schizzi di cibo, ma quel vestito meritava di risplendere.

Alle sette, quando il campanello suonò, era entrata in modalità “perfetta padrona di casa”. La stanza si riempiva a poco a poco e Mina si sentiva nel proprio elemento, distribuendo bottiglie di Corona guarnite con l’indispensabile fetta di lime e bicchieri pieni di Margarita talmente alcolico che dava rapidamente alla testa.

«Accidenti, Mina», disse George, un suo vecchio compagno di università. «Questo cocktail mi trasformerà in un vero uomo, anche se non sono convintissimo dei brillantini: lunedì arriverò al lavoro coperto di strass. Ma è stata un’idea eccezionale».

«Non fare il vecchio bacchettone», ribatté il suo compagno, che guarda caso si chiamava anche lui George, e che perciò negli ultimi sei mesi, cioè da quando uscivano insieme, era stato ribattezzato G. «Adoro i glitter e questo drink è veramente buonissimo». Sbatté rapidamente le palpebre sentendo l’alcol scorrergli in gola. «Fuoco liquido».

«Oh, è troppo forte?», domandò Mina, facendo una pausa per porgere una coppa alla sua migliore amica Belinda, che era appena arrivata, e rivolgendo un sorriso a Simon, alle sue spalle.

«Andrà benissimo», rispose lei dandole due baci sulle guance e accettando il bicchiere per sorseggiare il cocktail con cautela. «Mmm. E i brillantini…», proseguì osservandoli. «Si possono mangiare? O meglio, bere?»

«Sì, sono commestibili. Credi che userei mai qualcosa che non lo sia?», replicò Mina, trattenendosi dall’alzare gli occhi al cielo. L’amicizia con Belinda risaliva ai tempi del liceo e in passato la sua indole razionale aveva spesso messo un freno alle idee più strampalate di 

Mina. Per l’amor del cielo, ormai era cresciuta, la meticolosa organizzazione di quella serata non ne era forse una prova?

«Certo che no», rispose seccamente Belinda, ma l’amica si era già lanciata in direzione di Simon.

«Ciao, tesoro». Lo salutò desiderando di non avere le mani occupate per poterlo abbracciare a dovere. «Hai fatto presto».

«Sì, be’, ho finito di lavorare… un po’ prima e ho dato un passaggio a Belinda».

«Che gesto carino», commentò lei con gli occhi che brillavano: la sua amica viveva dalla parte opposta della città e non guidava. Il suo ragazzo aveva davvero un cuore d’oro. E le dava anche sicurezza e stabilità, proprio quello di cui aveva bisogno. «Vuoi un Margarita? O preferisci una birra?»

«Solo acqua. Più tardi devo guidare».

«Oh tesoro, non ti fermi da me?». Lo baciò di nuovo sulla guancia con un sorriso malizioso, nella speranza di ricordargli cosa si sarebbe perso. «Questi cocktail sono buoni da morire».

«Non ne dubito, ma non sono il massimo se l’indomani hai l’allenamento di calcio. Non voglio disturbarti dopo una serata impegnativa come questa». Ispezionò la tavola. «Sembra che come al solito tu abbia fatto le cose in grande. È spettacolare. Hai un vero talento in cucina».

Per tutta risposta, lei alzò le sopracciglia in un’espressione di finto biasimo, come per rammentargli che non era l’unica cosa in cui era brava.

«Be’, è un’occasione speciale», mormorò.

Lui aggrottò la fronte e Mina scosse la testa. «Simon. Che ti prende? Te ne sei scordato, non è vero?», lo accusò in tono scherzoso. «Voi uomini siete davvero incorreggibili». Si voltò verso Belinda, fingendosi esasperata. «È il nostro anniversario».

Sul volto di Simon comparve una vaga espressione di terrore, ma si scosse subito: non gli piaceva sbagliare. Quel suo costante perfezionismo era uno degli aspetti di lui che l’avevano fatta innamorare e certo, Mina amava correre a cento all’ora, tentando il più possibile di vivere una vita piena, ma le piaceva anche che tutto fosse impeccabile. Per questo aveva organizzato la serata a tema, ed era riuscita alla grande. Hannah stava offrendo agli ospiti piatti di nachos ricoperti di formaggio fuso e salsa piccante fatta in casa che, a giudicare dalla soddisfazione con cui venivano sgranocchiati, gli invitati sembravano gradire.

Mina lasciò il chiacchiericcio della stanza, dirigendosi in cucina e cominciando a portare il cibo in tavola; quando i piatti da portata furono sistemati in un mosaico irregolare in modo che potessero starci tutti, invitò gli amici a sedersi gomito a gomito attorno al tavolo allungabile, che occupava l’intero salotto.

«È stupendo, Mina», gridò Patsy, una ragazza che lavorava nella gastronomia e che aveva conosciuto un paio di mesi prima a un corso per sfilettare il pesce. «Devi darmi le ricette».

«Ma non vi stancate mai di avere a che fare con il cibo tutto il tempo?», domandò James, il ragazzo di Patsy, che faceva il pompiere. «Non che possa lamentarmi», aggiunse, cingendo con un braccio le spalle della compagna, che, ridacchiando, gli assestò una gomitata nelle costole.

Mentre serviva i commensali, premurandosi che ognuno avesse qualche vassoio a portata di mano, Mina si godette le reazioni deliziate e i commenti che suscitavano nei suoi ospiti le varie descrizioni delle pietanze, poi li invitò a darci dentro. Le lucine appese, il chiarore delle candele e l’illuminazione soffusa, insieme al chiacchiericcio di sottofondo, crearono nella stanza un’atmosfera meravigliosa, con grande soddisfazione della padrona di casa.

Il tono della conversazione, punteggiata da scoppi di risate, aumentava e diminuiva tra un drink e l’altro, e Mina, seduta accanto a Simon, riuscì finalmente a rilassarsi, confortata dai volti felici e sorridenti che la circondavano. La vita era proprio questo: amici, amanti e buona compagnia.

Una volta spazzolati i churros, e ricoperta la tovaglia di minuscole gocce di cioccolato, tirò fuori la pentolaccia con l’apposito bastone di legno. Tutti scoppiarono a ridere vedendo quanto era piccola.

«Lo so, lo so, ma è solo per una persona. Una persona molto speciale». Si voltò verso Simon e gli porse il bastone. «Oggi è il nostro primo anniversario».

«E dicevano che non sarebbe durata», scherzò George all’altro capo del tavolo, strappandole una risata.

«Menomale che non ti ho dato retta», ribatté. Quando aveva cominciato a frequentare Simon, si vedevano di nascosto perché lui era un suo collega e George era l’unico con cui si poteva confidare. Non era mai una buona idea mischiare lavoro e piacere, e l’amico aveva cercato di dissuaderla, specialmente visti i trascorsi di Mina. Le sue relazioni tendevano a esaurirsi nel giro di tre mesi, e proprio per questo Simon era l’uomo perfetto per lei. Era calmo, stabile, e rappresentava tutto ciò di cui Mina aveva bisogno, a differenza dei suoi ex, che un giorno c’erano e quello dopo si erano volatilizzati. Doveva ammettere che, nonostante si fosse divertita molto, non erano stati in grado di darle dedizione, solidità finanziaria e fedeltà. Simon invece c’era riuscito, anche se a volte poteva risultare un po’ noioso e fermo sulle proprie idee, ma la spontaneità e l’entusiasmo di Mina riuscivano a controbilanciare adeguatamente certi tratti del suo carattere. Si completavano alla perfezione.

Con l’aiuto di G. e di James, appese la pentolaccia al bastone delle tende.

«Stai solo attento a non rompere la finestra», gli disse con il cuore che iniziava a martellarle nel petto per l’emozione.

foto presa dal web

Julie Caplin è una scrittrice bestseller inglese. È stata finalista nel 2019 al famoso premio della Romantic Novelists’ Association. La Newton Compton ha pubblicato con grande successo Un tè con biscotti a Tokyo, Un giorno di sole a Parigi e Amore, neve e cioccolato.

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Author: Jenny Citino
Jenny Citino è la curatrice del blog letterario "Librichepassione.it" Amante della lettura sin da bambina, alterna questa sua passione con la musica classica, il giardinaggio e la pratica dello Yoga.

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