“Con il sari rosa” la vera storia di Sampat Pal

Un giorno, quando Sampat è ancora piccola e ha i piedi a mollo in una risaia, vede passare un gruppo di bambini. Ordinati e puliti, non sono certo diretti al lavoro nei campi. Vanno a scuola, le dice qualcuno. Sampat non sa bene cosa sia la scuola, ma sa che solo i ricchi ci vanno. Sampat appartiene a una delle caste più basse dell’India, è quasi un’intoccabile, e vive in un misero villaggio dell’Uttar Pradesh. Il suo destino sembra segnato. Ma lei è una bambina sveglia e quel giorno decide di andare a scuola con gli altri. Nulla può però contro le millenarie tradizioni del suo paese. A dodici anni viene data in sposa a un uomo più vecchio. Da quel momento la consuetudine vuole che lei sia silenziosa e si sottometta al marito, alla suocera e ai soprusi di chiunque appartenga a una casta più elevata. Sampat però non sopporta le prevaricazioni e non accetta di essere considerata inferiore a nessuno. Quando la suocera la caccia di casa perché non ha accettato di subire in silenzio l’ennesima angheria, Sampat si mette a cucire abiti che poi vende, rendendosi indipendente. In poco tempo diventa la paladina degli oppressi, soprattutto delle donne. Che in migliaia, da tutta l’India, si uniscono a lei per dare il via a una rivoluzione rosa, dal colore del sari che hanno scelto come divisa. Un’onda rosa che fa paura a chi non vuole che le cose cambino.

Sono le 8 del mattino. Mi preparo, ripetendo gesti ormai da tempo abituali. Nella penombra della mia stanza, la stessa che da due anni è diventata il mio quartier generale, mi raccolgo i capelli in uno chignon. Poi prendo il sari rosa e me lo avvolgo intorno al corpo. Dall’ esterno i arriva già il clamore della folla, una folla sul piede di guerra, che aspetta solo una mia parola per cominciare a manifestare. gridando ancora più forte. Ci siamo,sono pronta. Prendo il bastone ed esco. Nel momento in cui varco la soglia, una foresta di bastoni si leva verso il cielo, e un corpo di voci entusiaste mi accoglie con un ruggito:<< Gulabi gang! Gulabi gang!>>
La via di solito tranquilla a quest’ora del mattino, è in fermento. rispondo alla gente della gang con le stesse parole, galvanizzata dallo spettacolo che mi si presenta: la strada sconnessa che attraversa Atarra, con le modeste case in cemento che la costeggiano, è sparita, inghiottita da una vera e propria marea rosa. Uno strato di umanità composto da donne di ogni età che indossano l’uniforme della nostra gang, il sari rosa che ci ha rese celebri. Saranno centocinquanta, forse anche duecento. La maggior parte di loro appartiene alle caste più umili e vive in condizioni misere. Eppure non hanno esitato a lasciare loro famiglia e a tralasciare le loro piccole attività per rispondere alla mia chiamata. Alcune sono giunte a bordo di carretti o di taxi collettivi dai villaggi vicini, altre hanno fatto l’autostop oppure hanno preso il treno, percorrendo durante la notte decine e decine di chilometri. E’ bastato telefonare ieri sera alle mie collaboratrici sparse nei villaggi dei dintorni. In poche ore hanno diffuso il passaparola, andando a bussare alle porte e ripetendo l’annuncio nelle piazze: << Sampat Pal ha bisogno di voi. fatevi trovare davanti al suo ufficio domani, di primo mattino, e con la nostra divisa!.>>
Tutte quelle che sono riuscite a liberarsi hanno risposto all’appello, indossato il sari rosa e impugnato saldamente il bastone: che portamento fiero , il mio esercito di giustiziere! Mentre aspettiamo le ritardatarie, mi aggiro tra loro, per rincuorare le mie truppe. Il cellulare che ho sempre con me, tra le pieghe del vestito non smette un attimo di trillare. Quando non è una donna della gang, che mi segnala l’arrivo di altre reclute, è un giornalista, che vuole la conferma che la manifestazione avverrà come previsto. Non trascuro mai di avvertire la stampa delle nostre imprese: più numeroso è il pubblico, più aumentano le possibilità che ci diano retta. E ho la sensazione che oggi faremo rumore!

Le donne sono tese, faticano a celare l’impazienza.
Sono tutte lì che chiacchierano, ridono e fremono. Alcune si allenano a sferrare qualche bastonata, per calmare la furia: niente di meglio per intimidire un avversario, o per farsi capire da un funzionario un pò duro d’orecchi. queste donne oggi non sono qui per divertirsi, ma perchè sono in collera, e vogliono che tutti lo sappiano. Il sole è già alto nel cielo, è ora di muoverci.
Do il segnale di partenza:<<Chalo!>>
Il corteo si mette in moto. Alla testa di questo fiume di sari rosa, comincio a intonare i nostri soliti slogan <<Gulabi gang! Gulabi gang! Attenzione siamo qua! Attenti a ciò che fate, la Gulabi gang vincerà!>>
Semplici ritornelli, che su di noi hanno l’effetto di un mantra>>

foto presa dal web

Sampat Pal, è nata nell’Uttar Pradesh, uno degli stati indiani più poveri, dove è ancora molto rigida la suddivisione in caste. È fondatrice e attivista della «Gulabi (Pink) gang», un gruppo di donne, che, vestite in sari rosa, lottano per la salvaguardia dei diritti fondamentali e per impedire soprusi e abusi nei confronti delle donne e dei bambini.
Grande bestseller in Francia, Con il sari rosa è in corso di pubblicazione in altri sette paesi.

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Author: Jenny Citino
Jenny Citino è la curatrice del blog letterario "Librichepassione.it" Amante della lettura sin da bambina, alterna questa sua passione con la musica classica, il giardinaggio e la pratica dello Yoga.